«Il Club Silencio». Alcuni aspetti dell’uso del sonoro nel cinema di David Lynch
Abstract
David Lynch ha affermato di essere passato dalla pittura al cinema attraverso l’orecchio. Fin dagli esordi egli ha sempre esercitato un profondo controllo su tutti gli aspetti della stratificazione sonora dei suoi film, dalla composizione alla post-produzione, passando attraverso l’ingegneria e il missaggio. Da circa vent’anni è, come è noto, protagonista del celebre sodalizio con il compositore Angelo Badalamenti.
Tuttavia, ciò che più colpisce nella produzione di questo autore è che il suono assume il ruolo di ‘detonatore’ a vari livelli di lettura dell’opera filmica: livello narrativo, linguistico ed estetico. I confini tra musica, effetto sonoro, rumori e voci da un lato, e immagini, colori, quadri e movimento dall’altro, vengono resi fluidi mediante un approccio che sarebbe appropriato definire ‘compositivo’. Ciò fa di Lynch un significativo caso di studio nell’ottica della ridefinizione dell’analisi audiovisiva in epoca contemporanea.
Ho scelto di concentrarmi su una celebre ed enigmatica sequenza tratta da Mulholland Drive (2001) – quella ambientata al Club Silencio – per provare a individuare alcuni procedimenti significativi del trattamento della ‘composizione filmica’ da parte dell’autore americano. Come è inevitabile, il metodo di analisi sinottico da me utilizzato, modellato sulla riflessione di Michel Chion, denuncia alcuni limiti nel confrontarsi con una realtà audiovisiva così fluida e sfuggente. Tuttavia, proprio a partire dalla nozione di ‘punto di sincronizzazione’ è possibile, a mio parere, gettare nuova luce sulla componente metalinguistica così centrale in questa sequenza, ipotizzando un sotto-testo in cui Lynch, attraverso la manipolazione dell’elemento sonoro tout cours, fornisce una possibile chiave interpretativa.
Tuttavia, ciò che più colpisce nella produzione di questo autore è che il suono assume il ruolo di ‘detonatore’ a vari livelli di lettura dell’opera filmica: livello narrativo, linguistico ed estetico. I confini tra musica, effetto sonoro, rumori e voci da un lato, e immagini, colori, quadri e movimento dall’altro, vengono resi fluidi mediante un approccio che sarebbe appropriato definire ‘compositivo’. Ciò fa di Lynch un significativo caso di studio nell’ottica della ridefinizione dell’analisi audiovisiva in epoca contemporanea.
Ho scelto di concentrarmi su una celebre ed enigmatica sequenza tratta da Mulholland Drive (2001) – quella ambientata al Club Silencio – per provare a individuare alcuni procedimenti significativi del trattamento della ‘composizione filmica’ da parte dell’autore americano. Come è inevitabile, il metodo di analisi sinottico da me utilizzato, modellato sulla riflessione di Michel Chion, denuncia alcuni limiti nel confrontarsi con una realtà audiovisiva così fluida e sfuggente. Tuttavia, proprio a partire dalla nozione di ‘punto di sincronizzazione’ è possibile, a mio parere, gettare nuova luce sulla componente metalinguistica così centrale in questa sequenza, ipotizzando un sotto-testo in cui Lynch, attraverso la manipolazione dell’elemento sonoro tout cours, fornisce una possibile chiave interpretativa.
Keyword
David Lynch; Mulholland Drive; sincronizzazione; Angelo Badalamenti; Club Silencio; effetto sonoro; Michel Chion
Full Text
HTMLDOI: http://dx.doi.org/10.6092/1826-9001.6.98
Registrazione presso la Cancelleria del Tribunale di Pavia n. 552 del 14 luglio 2000 – ISSN elettronico 1826-9001 | Università degli Studi di Pavia | Dipartimento di Musicologia | Pavia University Press
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