NICOLA BIZZARO, «Match für drei Spieler» (1964-1966) :: Philomusica on-line :: Rivista di musicologia dell'Università di Pavia

Contributo di Nicola Bizzaro

 

«Match für drei Spieler» (1964-1966)

 

Abbreviazioni

 

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Match für drei Spieler[*] è il secondo della lunga serie di film realizzati da Mauricio Kagel nell’arco di quasi un quarantennio (da Antithèse – 1956 – a Bestiarium – 2000). Prodotto precoce della notevole curiosità del compositore argentino verso il medium cinematografico, esso rappresenta nondimeno una testimonianza perfettamente compiuta della poetica di Kagel, che approfondisce ed espande una delle sue tematiche predilette: l’istituzione del fare musica e le sue molteplici intersezioni con l’orizzonte culturale e sociale della modernità, nella fattispecie rappresentate da una sorta di competizione sportiva fra due violoncellisti, sotto la supervisione di un percussionista/arbitro che scandisce i tempi e le modalità della tenzone.

Inizialmente concepito come azione scenica, costantemente in bilico fra concerto musicale e rappresentazione teatrale, e successivamente rivisitato in chiave cinematografica, questo lavoro può essere visto come un emblema della virtuosa intersecazione di stili differenti: iper-realismo, surrealismo e simbolismo, l’estetica dell’happening esportata da John Cage e il rigorismo della scrittura musicale darmstadtiana si fronteggiano e si mescolano in un equilibrio sempre precario, tipico dell’eclettismo smaliziato di Kagel, capace di transitare impercettibilmente dall’uno all’altro nel contesto di una scena inesistente. Tuttavia, Match für drei Spieler non è soltanto un crocevia di correnti e tendenze differenti, ma in primo luogo un prodotto maturo di quella particolare forma artistica di cui Kagel condivide la paternità con il compositore Dieter Schnebel, ossia il teatro strumentale, all’interno del quale il suono plasmato dal compositore ritrova la sua intima connessione con l’azione dell’esecutore che l’ha prodotto, andando a creare unità semantiche che trascendono la logica sintattica della scrittura per spostare la comunicazione sul piano della presenza, anche fisica, della musica nella realtà.

L’analisi di un prodotto intrinsecamente multimediale pone notevoli problemi operativi, sfidando le strategie operative dell’analisi filmica tradizionale sia per quanto riguarda l’individuazione dei percorsi di formazione dei processi sinestesici sia relativamente alla lettura del complesso semantico risultante. In quest’opera, composizione musicale, rappresentazione teatrale e realizzazione filmica si fondono in una unità complessa, la quale, avendo per oggetto la consustanzialità di suono e gesto performativo, tematizza proprio l’emersione del significato audiovisivo, osservata per così dire in vitro, ossia al di fuori di ogni contesto di produzione musicale tradizionale.

Se dunque, per agevolare l’approccio analitico si procederà alla scomposizione dei diversi livelli in cui si articola questo lavoro (in ordine cronologico di realizzazione: partitura, sceneggiatura, montaggio video e montaggio audio) è nondimeno importante sottolineare come il significato artistico che esso veicola si manifesti pienamente solo nell’interazione di ognuno di questi ‘strati’ dell’oggetto estetico. Infatti, benché la compenetrazione di suono e gesto, espressione del potenziale semantico che la partitura traduce in simboli notazionali, preesista a tutte le possibilità di intervento da parte del regista, attivandosi prima che la macchina da presa possa scinderla in traccia visiva e colonna sonora, è solo attraverso la consapevole frizione fra questo primo codice comunicativo e quelli successivamente sovrimposti dalla rielaborazione filmica che il macro-senso dell’opera definitiva diviene effettivamente accessibile. Ed è solo mediante la costante problematizzazione del rapporto fra ciò che si vede (e non si vede) e ciò che si sente, che va dalla completa adesione, alla parziale discrasia, fino all’assoluta ‘discordanza di fase’ che si può tracciare un profilo coerente di questo film.

 

Pre-produzione: partitura

 

All’inizio della catena di produzione dell’opera in esame c’è la partitura. Composta da Kagel nel 1964, essa è un prodotto ibrido che aggiunge alla notazione musicale una serie di indicazioni di regia le quali impongono agli strumentisti di recitare una parte: si può fin da ora notare la profonda ambiguità del ruolo dell’esecutore che interpreta se stesso, in una sovrapposizione quasi completa, ma pur sempre sfuocata, del reale e del suo doppio. È questo uno dei tratti distintivi dell’estetica del teatro strumentale, in cui l’azione compiuta dal musicista per produrre il suono prescritto dal compositore diviene, al pari del suono stesso, materiale della composizione. Si ha dunque una prima intersecazione delle diverse sfere d’azione, sonora e visiva, il cui effetto è però, a questo livello, quello di un rafforzamento reciproco.

Difficile stabilire i principi compositivi soggiacenti al discorso musicale: sebbene sia possibile ipotizzare la presenza di una pianificazione seriale delle entrate, attiva forse anche a livello microformale, l’analisi del risultato finale non ci ha consentito di individuarne il funzionamento. L’estrema diversificazione dei modi d’attacco e, in generale, delle tipologie sonore prodotte dagli strumenti, la tendenza a concatenare sonorità differenti e il tipo di scrittura estremamente frammentata ricordano comunque da vicino gli idioletti del linguaggio seriale.

Dal punto di vista macroformale, al contrario, è abbastanza agevole segmentare l’intero brano in virtù degli interventi delle percussioni, le quali sono chiamate in causa in chiusura delle varie sezioni di dialogo fra i violoncelli: momenti di a solo più o meno estesi, pause e lunghe fermate contribuiscono ampiamente a sottolineare tali momenti di stacco (1:01-1:06, vedi tabella 1).

 

Sceneggiatura: inquadrature

 

Dalla rappresentazione teatrale alla realizzazione filmica, la partitura viene in un certo senso scomposta per dar vita a un copione costituito da 47 scene differenti, in cui il regista prescrive tanto la collocazione degli attori/esecutori nello spazio quanto la posizione e i movimenti delle macchine da presa. Tali scene sono direttamente associate a determinate porzioni di partitura e, osservando il risultato finale è lecito supporre che ognuna di esse sia stata ripresa più volte, spesso con l’intenzione di accentuare, se non di esasperare, il dinamismo implicito nella gestualità degli strumentisti, peraltro spesso corroborata da una più che eloquente mimica facciale. Il movimento ‘nell’immagine’ è ulteriormente complicato da frequenti spostamenti degli stessi esecutori nello spazio, quali per esempio le rotazioni degli strumentisti ottenute mediante apposite pedane (3:14-3:59, vedi tabella 1); a questo si aggiungono infine i non rari spostamenti della macchina da presa, sovente in contrasto con quelli che si svolgono in scena (4:51-5:02, vedi tabella 1) . Il risultato è una complessa trama dinamica che anima lo spazio visivo conferendogli una marcatissima impronta cinetica, significativamente contrapposta all’esiguità dell’allestimento (popolato solo dai tre esecutori, dai loro strumenti e dalle sedie che contribuiscono a stabilirne la posizione). La disposizione dei volumi nello spazio presenta una spiccata tendenza alla creazione di costruzioni simmetriche, tanto all’interno di una singola immagine, quanto nella successione di due o più inquadrature, predisponendo spesso inversioni di prospettiva o duplicazioni di una stessa disposizione vista in modo speculare (3:10-3:28, vedi tabella 1).

 

Post-produzione: video

 

L’assemblaggio delle sequenze filmate è generalmente condotto rispettando il decorso ritmico della partitura. Tuttavia, le unità macroformali in cui si articola il discorso visivo ricalcano solo parzialmente quelle presenti nella partitura: talvolta, infatti, la realizzazione filmica distorce il testo iniziale al fine di creare particolari effetti diegetici. È il caso, per esempio, della sequenza iniziale in cui alla serie di dodici note con cui si apre la partitura ne sono aggiunte altre (ottenute ripetendo in loop un frammento della traccia audio), in modo da suggerire in modo più efficace la contrapposizione fra i due violoncellisti (0:55-1:01, vedi tabella 1). È a questo livello che avviene il primo vero intervento sulla relazione fra suono e immagine, in quanto il regista, scegliendo di evitare una perfetta corrispondenza fra la partitura e la sua ‘trasposizione’ cinematografica, dà vita a una sorta di meta-narrazione che fuoriesce dalla dimensione del puro resoconto e invita lo spettatore a cercare nuove chiavi di lettura. A questo fine tende anche la stessa organizzazione del materiale filmato, che alle sequenze di ‘presa diretta’ dell’esecuzione da parte dei musicisti alterna sequenze di fotogrammi, tanto prelevati dall’azione quanto esterni, montati in serie non diegetiche sia sovrimpressioni di più immagini non direttamente riconducibili ai dettami della partitura/copione (2:57-3:07, vedi tabella 1).

 

Post-produzione: audio

 

Come la traccia visiva di Match für drei Spieler non corrisponde, evidentemente, alla riproduzione fedele di un evento reale, quale potrebbe essere un’esecuzione in concerto, così la colonna sonora è il risultato dell’assemblaggio di segmenti di diverse esecuzioni, presumibilmente incise sulla traccia audio della pellicola. Accade pertanto che si verifichi talvolta una più o meno netta dissociazione fra ciò che si vede e ciò che si sente; se in alcuni casi tale dissociazione può essere semplicemente motivata dal desiderio di far combaciare la migliore inquadratura disponibile alla migliore esecuzione incisa (playback), essa palesa in altri la tendenza a voler costruire effetti ironici o comunque di straniamento. Anche in questo caso, il sapiente gioco di incastri fra presentazione realistica di un evento ideale ed elaborazione di contesti fantastici, fra realtà e illusione, concorrono nel procurare allo spettatore un senso di insicurezza, costringendolo a interrogarsi continuamente sul possibile orizzonte di significati dell’opera. Tale effetto è ottenuto mediante sporadici interventi operati da Kagel direttamente sul nastro magnetico, quali ripetizioni in loop di piccoli frammenti o riproposizioni di determinati passaggi in senso inverso, finalizzati alla dilatazione temporale di una scena e al conseguente potenziamento dei significati filmici che essa veicola (10:56-11:04, vedi tabella 2).

 

Tabella 1

Tabella 2

 

Conclusioni

 

Da questa breve descrizione degli ‘strati di significazione’ che concorrono alla definizione codice linguistico impiegato in Match für drei Spieler emerge un uso della sinestesia finalizzato alla creazione e alla sovrapposizione di forme di comunicazione differenti, le cui relazioni reciproche possono essere considerate come le vere depositarie del messaggio. Posto di fronte a quest’opera apparentemente semplice nel suo allestimento minimale, lo spettatore si vede pertanto fin da subito costretto a compiere un notevole sforzo intellettuale per cercare di fornire un’interpretazione che superi la semplice dimensione narrativa, volutamente grottesca e quanto mai lontana da un contesto ‘colto’, per accedere a forme di significazione più evanescenti e astratte. L’impiego sistematico di tutte le risorse espressive disponibili concorre dunque alla descrizione di un’iper-realtà che invita il fruitore a ripensare la propria visione delle tradizionali categorie dell’istituzione musicale. Ciò che qui è in discussione è in ultima analisi il rapporto fra musica e realtà, che oscilla senza mai risolversi fra una dimensione di completa aderenza e un’altra rappresentativa, se non simbolica. Nel primo caso il lungometraggio viene ad assumere la posizione discreta dello spettatore che osserva l’esecuzione musicale per ripresentare, come in un documentario, eventi fattuali che si svolgono di fronte alla macchina da presa; nel secondo caso la musica diviene un predicato del mondo reale, un’allegoria delle vicende umane che si svolgono al di fuori dell’ipotetico teatro che ospita l’azione.

 

Scheda del film

 

Soggetto, musica e regia: Mauricio Kagel; interpreti: Christoph Caskel (Percussioni), Siegfried Palm e Klaus Storck (Violoncelli); suono: Richard Kettelhake; montaggio: Diana Chlumsky; direttore di produzione: Kurt Meier-Düber; assistente alla regia: Alfred Feussner; effetti fotografici: Pit Flick e Peter Kliem; riprese: Karleinz Baumgärtner; produzione: Bavaria Atelier GmbH – WDR Westdeutsches Fernsehen.

 

Bibliografia essenziale

 

MAURICIO KAGEL, Über das instrumentale Theater, in Neue Musik im geteilten Deutschland, ed. by Ulrich Dibelius und Frank Schneider, vol. 2, Berlin, Berliner Festspiele-Henschel, 1995, pp. 22-24;

WOLF-EBERHARD VON LEWINSKI, The Variety of Trends in Modern German Music, «The Musical Quarterly», LI/1, 1965, pp. 166-179;

MAURICIO KAGEL, a cura di Ulrich Tadday, München, Text und Kritik, 2004;

—————, Das filmische Werk I. 1965-1985, a cura di Werner Klüppelholz e Lothar Prox, Köln, DuMont, 1985;

IAN PACE, Music of the Absurd? Thoughts on recent Kagel, «Tempo», 200, 1997, pp. 29-34;

DIETER SCHNEBEL, Il materiale musicale: rapporti e azioni, «Musica/Realtà», XXI/2, 2000, pp. 177-183;

—————, Mauricio Kagel. Musik – Theater – Film, Köln, DuMont, 1970.

 

 

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[Bio] Nicola Bizzaro ha conseguito la laurea triennale in Musicologia (2003) presso la Facoltà di Musicologia di Cremona, Università di Pavia, specializzandosi poi presso la medesima Facoltà con una tesi sul rapporto fra musica e teoria dell’informazione (2005). Nel 2006 ha ottenuto una borsa di studio per ricerche nell’ambito della storia dei concetti musicali. Attualmente frequenta il terzo anno del corso di dottorato di ricerca in Musicologia e Scienze filologiche presso il Dipartimento di Scienze musicologiche e Paleografico-Filologiche di Cremona.

E-mail: nicolabizz@yahoo.it

Nicola Bizzaro graduated in Musicology (BA degree) in 2003 at Pavia University. In 2005 he obtained MA degree at the same university, presenting a thesis on relationships between Music and Information Theory. Since 2006 he is attending the PhD in Musicology at the Department of Musicological Paleographic-Filological Science in Cremona.

[*] Il film è interamente riprodotto all’indirizzo: http://www.ubu.com/film/kagel.html (ultima consultazione giugno 2008).

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