Lo stato delle fonti
Lo studio del repertorio musicale liturgico,
componente essenziale di ogni celebrazione, è condizionato
dallo stato materiale delle fonti, ossia dalla loro disseminazione
geografica e dal contenuto liturgico che effettivamente tramandano:
non è sufficiente esprimersi nei termini di ‘libro
liturgico’ per identificare lo strumento di trasmissione di
una tradizione melodica che, anzi, proprio a partire dal tipo di
materiale melodico tràdito, necessita di ulteriori
specificazioni.
La fenomenologia del libro liturgico, quale sussidio
librario al corretto svolgimento delle azioni liturgiche, infatti,
non si esaurisce nell’individuazione delle due tipologie con
o senza notazione musicale: tra i primi si possono annoverare, a
titolo esemplificativo, gli antifonari e i graduali, tra i secondi
i calendari e i lezionari. La denominazione dei libri liturgici si
determina, inoltre, a seconda del contesto rituale nel quale si
inseriscono: per esempio, mentre nel rito romano
l’antifonario è lo strumento depositario dei canti del
solo ufficio, nei riti ispanico e ambrosiano esso raccoglie le
melodie sia dell’ufficio sia della messa. Si assiste,
però, anche al caso inverso, ossia di libri liturgici che, in
due diverse tradizioni, hanno simile contenuto ma diverso nome: i
riti romano e ambrosiano tramandano entrambi, infatti, le antifone
processionali, ma il primo in un libro detto
‘processionale’, il secondo nel ‘libro delle
litanie’.
Per ciò che concerne la disseminazione libraria,
è presto detto che, a seconda della diffusione territoriale e
dell’area sulla quale un determinato rito ha esercitato la
propria influenza, si avrà la preponderanza di attestazioni
librarie scaturite da uno specifico contesto culturale. A proposito
del rito ambrosiano, nonostante abbia esercitato una notevole
influenza su buona parte dell’Italia settentrionale e
centrale a partire dal IV secolo, grazie alla prestigiosa figura
del vescovo Ambrogio, si può constatare come abbia avuto una
diffusione pressoché regionale, perciò la massima parte
dei libri liturgici impiegati per questo rito non oltrepassa il
territorio della diocesi milanese e della zona dei laghi tra
l’Italia e la Svizzera, e si trova disseminata – anche
per effetto della prescrizione di san Carlo Borromeo[1] a
proposito delle tipologie librarie che ciascuna parrocchia deve
obbligatoriamente possedere – tra parrocchie, musei,
biblioteche e archivi parrocchiali. Valutazioni di ordine logistico
da una parte, di tutela e salvaguardia dall’altra e, non
ultimi, i nefasti effetti bellici dell’ultimo conflitto
mondale, soprattutto sulla città di Milano, hanno altresì
indotto a raccogliere parte di questo prezioso patrimonio storico e
culturale – quando non si sia verificata una sua dispersione
– presso alcune istituzioni ecclesiastiche e statali. Tali
enti, se da un lato garantiscono oggi la tutela di siffatta
ricchezza, dall’altro la sottopongono a restrizioni che
limitano le possibilità di fruizione della stessa; di
converso, la sua conservazione presso alcuni archivi parrocchiali
spesso non le garantiscono neppure i minimi interventi di restauro
e manutenzione, e neanche soddisfacenti misure di salvaguardia, ma,
in compenso, rendono molto più agevole e flessibile la sua
consultazione e fruizione.
Di fronte a questo stato delle fonti,
fondamentalmente dispersivo, il presente contributo, seppur
limitato sia contenutisticamente, sia dal punto di vista
cronologico e delle fonti consultate – prende, infatti, in
considerazione unicamente il formulario della Purificazione,
così come viene tràdito da alcuni antifonari compilati
tra il XII e il XVI secolo – nasce con l’obiettivo di
fornire informazioni liturgico-musicali della tradizione
ambrosiana, ovviando anche alle difficoltà di consultazione
delle fonti.
Viene qui di seguito presentato l’elenco in
ordine cronologico dei manoscritti collazionati. Per ciascuno di
essi è stata indicata la datazione comunemente accettata
– quando, non comparendo esplicitamente all’interno del
codice l’anno di compilazione, vi è stato bisogno di
ricorrere ad elementi paleografici specifici e ad altre prove di
ordine sia interno sia esterno –, la sigla con la quale
vengono designati nel corso di tutta la trattazione, e il tipo di
materiale impiegato per la restituzione dei canti.
N. d’ordine
|
Giacenza e segnatura
|
Età
|
Sigla
|
Materiale
|
1
|
London, British Library, add. 34209
|
XII
|
L
|
b/n
|
2
|
Cambridge (Massachussetts),
University Library, Houghton Library, lat. 388
|
XII
|
C
|
d
|
3
|
Milano, Biblioteca del Capitolo Metropolitano, II.
F. 2. 2
|
XII
|
IIF22
|
d
|
4
|
Vimercate, Archivio Santo Stefano, ssp. A
|
XIII
|
ViA
|
d
|
5
|
Vimercate, Archivio Santo Stefano, ssp. B
|
XIII
|
ViB
|
d
|
6
|
Varese, Museo Sacro Monte, ssp. A
|
XIV
|
V
|
d
|
7
|
Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. lat.
13156
|
XIV
|
V13156
|
mf
|
8
|
Gallarate, Archivio Santa Maria Assunta, ssp. A
|
XIV
|
G
|
d
|
9
|
Milano, Museo Diocesano di Milano (già
Vendrogno in Val
Muggiasca, Archivio San Lorenzo, in
Sant’Antonio), s. n.
|
1387
|
VM
|
mf
|
10
|
Busto Arsizio, Biblioteca Capitolare San Giovanni
Battista, M. I. 2
|
XIV
|
MI2
|
d
|
11
|
Busto Arsizio, Archivio San Michele Arcangelo, ssp.
A
|
XIV
|
BA
|
d
|
12
|
Milano, Biblioteca del Capitolo Metropolitano, II.
F. 1. 1
|
XIV
|
IIF11
|
d
|
13
|
Bedero Valtravaglia, Archivio San Vittore, ssp.
A
|
XIV-XV
|
BV
|
mf
|
14
|
Ganagobie (già Hautecombe), Abbazia Santa Maria
Maddalena, s. n.
|
XIV-XV
|
H
|
mf
|
15
|
Saint-Wandrille, Abbaye, G 2
|
XIV-XV
|
SW
|
mf
|
16
|
Rosate, Archivio Santo Stefano, ssp. A
|
XIV-XV
|
R
|
d
|
17
|
Bollate, Archivio San Martino, ssp. A
|
XV
|
B
|
d
|
18
|
Milano, Biblioteca Trivulziana, A 15, Porro 617
|
1406
|
T15
|
d
|
19
|
Milano, Biblioteca Ambrosiana, D 142 suss.
|
XV
|
D142
|
mf
|
20
|
Varese, Museo Sacro Monte, s. n.
|
1476
|
DP
|
d
|
21
|
Milano, Archivio Sant’Ambrogio, M 38
|
1486
|
M38
|
d
|
22
|
Milano, Archivio Sant’Ambrogio, M 47
|
1487
|
M47
|
d
|
23
|
Milano, Archivio Sant’Ambrogio, M 52
|
1492
|
M52
|
d
|
24
|
Milano, Archivio San Nazaro, ssp. 4 – S
|
XVI
|
N4
|
d
|
25
|
Busto Arsizio, Biblioteca Capitolare San Giovanni
Battista, DR 1
|
1506-22
|
DR1
|
d
|
26
|
Busto Arsizio, Biblioteca Capitolare San Giovanni
Battista, DR 4
|
1522
|
DR4
|
d
|
27
|
Krakowie, Biblioteka Jagiellonskiej, Rps Akc.
20/51
|
1528
|
K
|
mf
|
Riproduzioni: fotografie in
bianco e nero (b/n), microfilm (mf) e fotografie digitali (d)
effettuate di persona da chi scrive, tranne nel caso di C,
attualmente consultabili in rete all’indirizzo
http://nrs.harvard.edu/urn-3:FHCL.HOUGH:754403
|
Le trascrizioni
Per ciascuno dei ventisette manoscritti ambrosiani si
sono trascritte le quarantuno melodie che costituiscono il
corpus melodico della festa della Purificazione, precedute
da uno schema con le azioni liturgiche (Az), le tipologie
liturgico-musicali (Tipol.), gli incipit ed explicit
dei canti, e le carte o pagine di riferimento per ciascun
esemplare.
Vengono qui di seguito elencate le sigle impiegate
per le azioni liturgiche e le tipologie liturgico-musicali.
A
|
= antiphona
|
Mt
|
= ad matutinum
|
AB
|
= antiphona in Benedicite
|
O
|
= offertorium
|
ABn
|
= antiphona in Benedictus
|
PKG
|
= post Kyrie cum Gloria
|
AC
|
= antiphona in choro
|
ps
|
= psalmus
|
ACe
|
= antiphona in Confirmatum est
|
psA
|
= psalmus ad antiphonam
|
ACn
|
= antiphona in Cantemus
|
PsD
|
= psalmus directus
|
AD
|
= antiphona dupla
|
Psl
|
= psallenda
|
ADa
|
= antiphona in Domine audivi
|
Psm
|
= psalmellus
|
ADn
|
= antiphona in De nocte
|
R
|
= responsorium
|
AL
|
= antiphona in Laudate
|
RL
|
= responsorium ad lectiones
|
al Psl
|
= alia psallenda
|
RpH
|
= responsorium post hymnum
|
al Tr
|
= aliud transitorium
|
Tr
|
= transitorium
|
AMg
|
= antiphona in Magnificat
|
V
|
= ad vesperas
|
ApE
|
= antiphona post Evangelium
|
Vg
|
= ad vigilias
|
AX
|
= antiphona ad crucem
|
vrs
|
= versus
|
C
|
= canticum
|
vrsA
|
= versus in Alleluia
|
Cf
|
= confractorium
|
vrsAD
|
= versus antiphonae duplae
|
Cp
|
= capitulum
|
vrsL
|
= versus lucernarii
|
H
|
= hymnum
|
vrsO
|
= versus offertorii
|
I
|
= ingressa
|
vrsPsm
|
= versus psalmelli
|
L
|
= ad laudes
|
vrsR
|
= versus responsorii
|
Lc
|
= lucernarium
|
vrsRL
|
= versus responsorii ad lectiones
|
M
|
= mane
|
vrsRpH
|
= versus responsorii post hymnum
|
Ms
|
= ad missam
|
|
|
Le tabelle degli incipit testuali, oltre a
rendere immediatamente percepibile la consistenza musicale di un
manoscritto a proposito del formulario della Purificazione,
evidenziano anche in quali esemplari della tradizione compare uno
specifico canto: si evince, ad esempio, che l’inno
Mysterium Ecclesiae viene tramandato nei vespri primi
soltanto da quattro manoscritti – IIF22, B, M47 e N4 –,
ai quali si aggiungono ViA e ViB nei vespri secondi. Le tabelle,
però, permettono soprattutto di operare dei raggruppamenti
tipologici dei manoscritti: soprattutto la mancanza di numeri di
pagina in corrispondenza di determinati canti rende, infatti,
prontamente evidente, anche dopo un rapido esame, a quale tipologia
liturgica appartiene uno specifico manoscritto. Risulta, per
esempio, subito chiaro che vi sono due ingressari, ossia DP e M52
(il primo dei quali completo anche delle antifone processionali
precedenti la messa), mentre la maggior parte dei codici rientra
nella tipologia degli antifonari completi.
Le stesse tabelle, infine, permettono di individuare
istantaneamente quante e quali ufficiature vengono omesse, e da
quali esemplari: M47, per esempio, contiene soltanto i canti
dell’ufficio; alcuni manoscritti (V13156, IIF11, T15, D142,
M38, N4 e DR4) privi delle vigiliae, lo sono anche del
sallenzio; questi e molti altri codici (con l’eccezione di L,
IIF22, ViA, ViB, V, BV, T15, M47 e N4) non hanno indicazioni
rubricali inerenti ai vespri secondi che, nel caso di T15 e M47,
invece, pur non essendo i brani indicati esplicitamente e per
esteso, vengono richiamati tramite rubriche come «Require in
primis vesperis. Eodem die ad vesperum omnia fiant prout in primis
vesperis» (M47) o «Ad vesperum ut supra in precedenti
vespero» (T15), ossia con la diretta raccomandazione di
ripetere gli stessi canti già intonati in occasione dei vespri
primi – pertanto i numeri di carta sono tra parentesi quadre
–.
Legenda
-
Incipit ed explicit in grassetto: canti
presenti nell’edizione di Magistretti del manuale di
Valtravaglia,[2] alle pagine 109-112; quelli non
evidenziati dal carattere in grassetto sono specifici di alcuni
manoscritti.
-
Asterisco (*): pagine (o carte) di manoscritti
che, all’interno del formulario della Purificazione,
riportano l’incipit di un canto soltanto in rubrica;
dove l’asterisco non compare, invece, si ha il riferimento
alla pagina (o carta) del manoscritto, ove la melodia è
completa di testo liturgico e musica.
-
Più slash accostati (////////):
lacuna del manoscritto.
Per quanto concerne la collazione melodico-testuale,
a ciascun testimone sono destinate una o due righe a seconda che si
riporti di quello, insieme alla linea melodica, anche la riga del
testo liturgico per segnalare la presenza, in un determinato luogo,
di una lezione variante.
La lettera maiuscola nel testo liturgico è stata
riservata ai nomina sacra (Iesus, Christus,
Deus), e ai termini ad essi correlati, come Dominus e
Verbum, alla Trinità (Pater, Filius,
Spiritus sanctus), e ai nomi propri di persona e di luogo
(Maria, Simeon, Sion, Bethlehem,
Israel). Per tutti gli altri casi si è impiegata la
lettera minuscola, anche nei casi della prima lettera
dell’abbreviazione euouae e delle sezioni soggette a
ripetizione – solitamente, nei codici, entrambe evidenziate
da una lettera maiuscola iniziale –.
Per quanto riguarda la restituzione dei canti, le
trascrizioni si avvalgono dell’impiego della notazione
alfabetica medievale, consistente nell’uso delle lettere
dell’alfabeto latino.
La melodia del testimone di collazione è stata
evidenziata con uno sfondo grigio, mentre il suo testo liturgico
(ad essa immediatamente sottoposto) compare in grassetto; il testo
di collazione è sempre quello del manoscritto più antico
fra quelli che tramandano un determinato canto.
All’inizio del canto, la riga della melodia (e,
quando presente, quella del testo liturgico) riporta la sigla del
manoscritto seguita dal numero di carta o di pagina; lo stesso
avviene ad ogni nuova sezione (ad esempio, all’inizio del
versus dei responsori). Quando la sigla del codice appare
scritta in corsivo, significa che in uno specifico testimone un ben
determinato canto è stato recuperato da formulari estranei
alla Purificazione (soprattutto, gli ultimi sabati e domeniche
d’avvento, la Natività, la Domenica dopo la
Natività, la Circoncisione e l’Assunzione); il carattere
tondo, invece, viene impiegato per quei manoscritti che,
all’interno del formulario della Purificazione, tramandano
per esteso (con testo liturgico e musica) un dato brano.
Le lettere dell’alfabeto latino si accompagnano
ad una serie di simboli complementari:
-
accento circonflesso (^): specifica
l’articolazione dei neumi (o degli elementi neumatici) posti
su un’unica sillaba, mentre il trattino orizzontale (
- ) lega i due suoni tra i quali è interposto; in caso
di suoni parigrado su unica sillaba, quest’ultimo è
stato impiegato principalmente per mettere in evidenza i
raggruppamenti neumatici;
-
asterisco (*): il suono ad esso precedente
è liquescente;
-
più lettere x accostate: variante
‘testuale’ (verbale e/o musicale);
-
Più slash accostati (///////):
lacuna ‘testuale’ (verbale e/o musicale);
-
parentesi quadre [ ]: integrazioni del curatore, di
volta in volta specificate; se seguite, [..., o precedute,
...], dai puntini di sospensione indicano, rispettivamente,
il punto in cui ha inizio e termine la ripresa di un frammento
melodico che si ripete identico – come nel caso dei
responsori, che ‘strutturalmente’ ripetono al termine
del brano la sezione finale del responsum e che i
manoscritti generalmente non riscrivono per intero; per il testo
liturgico il punto in cui inizia la ripresa è stato similmente
indicato attraverso l’asterisco seguito dai puntini,
*...;
-
la lettera q fra parentesi quadre, [q],
infine, denuncia che il suono ad essa precedente è un
quilisma. L’indicazione del quilisma è
scaturita dalla plausibilità dell’ipotesi di
Huglo,[3] secondo la quale – data
l’indifferenza paleografica nella notazione musicale
ambrosiana tra il quilisma e il punctum – un
punctum posto tra due pedes su una stessa sillaba
corrisponde proprio a tale neuma di conduzione.
Note pratiche
Le trascrizioni sono state generalmente condotte nel
rispetto della lezione specifica tramandata da ciascun manoscritto:
è possibile pertanto riconoscere l’individualità di
ogni esemplare a partire dai dati immessi nelle tabelle. Ad un
primo sguardo il numero delle lezioni varianti potrebbe apparire
numericamente alto; in realtà, in seguito ad un’indagine
più accurata si perviene alla conclusione che la tradizione
melodica ambrosiana è fondamentalmente molto compatta, e che i
luoghi in cui vi è un elevato numero di varianti non sono
altro che la restituzione, il più fedele possibile delle
lezioni tràdite dai manoscritti: si è avuta cura,
infatti, di annotare tutte le articolazioni melodiche dei neumi
giustapposti sopra un’unica sillaba (attraverso
l’impiego grafico dell’accento circonflesso), e la loro
consistenza sonora (tramite un trattino che evidenzi, neuma dopo
neuma, se si tratta, per esempio, di un climacus o di una
clivis seguita da qualche altro neuma). Tale obiettivo ha
certamente indotto a sovraccaricare le tabelle di dati, ma ha
contemporaneamente salvaguardato l’unicità della lezione
di ciascun esemplare.
Le lezioni varianti e le uniformazioni sono state
segnalate, caso per caso, con delle brevi note a piè di
pagina: in questo modo è possibile ricostruire agevolmente la
lezione che di volta in volta compare su un testimone,
ripristinando l’identità di quest’ultimo. Quanto
alle uniformazioni non si è seguito un criterio specifico,
rigoroso e sempre valido per ogni circostanza – sempre
ammesso che ne esista uno –: è il caso, per esempio,
dell’impiego del Si. Non sembra più ormai impensabile
ritenere che, in determinate condizioni melodiche – ossia in
contesti discendenti ove il suono Si delinea una stretta relazione
con il suono La e, soprattutto, il Fa –, la sensibilità
musicale medievale potesse indurre i cantori a bemollizzare il Si
senza la necessità di esplicitarlo graficamente. In nessun
caso i testimoni collazionati riportano compattamente la medesima
lezione; vi sono casi, per di più, in cui l’apposizione
del segno di bemolle ad un Si è stata certamente
un’operazione relativamente recente: è questo il caso di
N4 e dei bemolli ivi scritti in biro con inchiostro blu; ma tutti
gli altri esemplari? Sembra sensato pensare che col trascorrere del
tempo (e con il consolidamento di un certo atteggiamento nei
confronti delle relazioni tra il Si e il Fa), i manoscritti abbiano
dovuto sopportare l’intervento di revisori troppo zelanti
che, come nel caso appena citato, hanno sentito la necessità
di prescrivere ciò che in passato, con molta probabilità,
non era indispensabile specificare.
L’uniformazione di una lezione ad
un’altra, tenendo conto di tali presupposti, si è
pertanto configurata quale atto interpretativo rivolto alla
totalità dei canti intonati durante la celebrazione liturgica
(ufficio e messa) della festa della Purificazione.
L’attenzione ai rapporti e alle relazioni melodiche interne
ad un medesimo canto – per esempio, nel caso del responsorio
che, strutturalmente, ripresenta al termine del versus lo
stesso materiale melodico e testuale della fine del
responsum –, e ad una stessa ufficiatura –
particolarmente interessanti sono i due responsori delle
vigiliae, Adorna thalamum e Senex puerum, e le
ultime sallende del sallenzio precedente la messa, Nesciens
mater, Virgo hodie, Gaudeamus omnes e O
admirabile commercium –, ha permesso di evidenziare quei
luoghi comuni nei quali l’intervento del revisore si è
rivelato incoerente. È stato in occasione di tali momenti che
nella trascrizione si è uniformata una lezione ad
un’altra (rendendone conto in nota), quale atto – lo
ribadiamo – squisitamente interpretativo.
|