«Si racconta di un uomo con la
barba importante, di quelle che solo le favole hanno tramandato,
che aveva una maestra per donna, la MS per amante e per amica una
pernice che quaqquerellava e sguazzava felice in una pozzanghera
che puzzava di wisky».
Questa l’immagine di Bruno
Morani vista attraverso gli occhi di Luca Ternavasio, una delle
innumerevoli bocche che, raccontando esperienze vissute
all’interno dell’ormai leggendario locale Spazio Musica
di Pavia, fanno assimilare fra le pagine del libro l’aura
speciale di questo uomo grandissimo, in ricordi simpatici, a volte
dolci, a volte malinconici.
Ma l’architetto di tutto
questo, l’implicita voce narrante che accarezza e coinvolge
il lettore dalla prima all’ultima pagina, è Daniela
Bonanni, moglie di Bruno, che per tanto amore verso il marito
scomparso e verso l’ideale che li ha animati per una vita fra
le pareti del loro locale, ha deciso di rendere pubblica la storia
di un posto magico che ha reso singolare un angolo della città
di Pavia.
La storia di Spazio inizia nel 1984,
quando Daniela e Bruno (profondamente innamorati, insieme dal 1976)
decidono con Sergio Ferraboschi e altri amici di affittare un
capannone a Pavia per creare un locale di musica in risposta ad una
generica insoddisfazione: nei locali di Pavia e dintorni, infatti,
allora non era facile trovare musica di qualità; gli anni
sessanta-settanta erano ormai un ricordo lontano, ma tutti ne erano
usciti con la sana convinzione che la buona musica non dovesse
morire, e che la buona musica fosse il collante perfetto per
mantenere alti i grandi ideali e la gente che di questi ideali
voleva vivere.
Da questa semplice e primitiva
intuizione nasce, come circolo Arci, la prima forma rudimentale di
Spazio Musica, uno spazio particolare in cui la gente potesse
sentirsi a casa ed ascoltare musica vera. Nel 1985, dopo il
matrimonio di Bruno e Daniela, il locale viene inaugurato dai
coniugi con Sergio Ferraboschi e Vittoria Dellavalle: «un
grande happening al capannone, con Claudio Cabrini ed i Crema che
suonavano. Alla fine eravamo tutti ubriachi. Pacche sulle spalle.
Facce che sorridevano. Amicizia. Cuore. Ecco, ci siamo detti,
questo dovrà essere Spazio Musica. Lo stile è nato in
quella festa, ma forse ancora prima. Perché ce l’avevamo
già dentro. Noi eravamo così, e volevamo solo un posto
che ci assomigliasse.».
E così è stato.
Da locale improvvisato di due
neosposini Spazio in pochi anni si è trasformato in una
immensa famiglia di persone autentiche, legate per la quasi
totalità da un comune credo politico e per la totalità
dall’amore per la musica, per l’amicizia, per lo stare
insieme al di là delle formalità e al di là delle
sovrastrutture.
I giovani e i giovani studenti a
Spazio hanno trovato l’accoglienza e il calore di una seconda
casa e i meno giovani il luogo ideale per portare avanti e
condividere, fra l’altro, anche sogni e illusioni dei
più caldi periodi della contestazione.
Gli stessi musicisti che sono passati
da Spazio e che a Spazio hanno portato da tutto il mondo blues,
jazz, rock, afro, reggae, etno-folk, musica latina, psichedelica,
punk, drum’n’bass… conservano ancora caldo il
ricordo dell’affetto con cui sono stati accolti e ospitati da
Bruno e Daniela. Ognuno di loro infatti ha trovato generosa
ospitalità presso la loro casa e di certo nessuno
dimenticherà mai la cucina semplice e perfetta di Daniela e
l’aspetto sempre burbero di Bruno che sotto la barba
nascondeva la forma più pura di amore platonico per Chet Baker
e il sorriso di un uomo dal cuore immenso.
Spazio nel tempo è sopravvissuto
a tutto: all’abbandono di Sergio e Vittoria nell’89, ai
debiti iniziali, ai controlli del «sistema»,
agli inevitabili momenti di sconforto, al cambio di generazione, ma
anche alla malattia di Bruno – già perché, anche se
Bruno dal 2002 non è più qui, immortale rimarrà il
ricordo di SpazioBruno nelle menti e nei cuori di chi Spazio
l’ha vissuto.
Non esiste una parola per definire un
libro che in cinquecentocinquanta pagine riesce a trasmettere
complete le emozioni di quindici anni di vita intensa. Daniela
Bonanni ha dato forma ad un vero capolavoro di realismo mettendo
insieme testimonianze, ricordi e fotografie di quello spazio di
mondo che al mondo ha davvero dato qualcosa.
Chi non ha avuto la fortuna di
passare almeno una volta da Spazio ha qui la possibilità di
sentirsi in qualche modo parte di un’emozione e parte di una
intensa e silenziosa commozione che lega gli amici di Spazio.
Troviamo in un formato pieno di
colori, accattivante e sempre più coinvolgente testimonianze
di studenti, amici, passanti, musicisti sconosciuti o famosi,
articoli di giornale, locandine, biglietti di concerti, fotografie
dei momenti migliori e di quelli peggiori, recensioni, tessere
politiche, e sorrisi, un’infinità di sorrisi. Tutto
questo benedetto dalla prefazione di Fabio Treves e
dall’impronta di (solo per citarne alcuni) Guccini, Gene
Gnocchi, Ligabue, Max Pezzali, Massimo Bubola, Freak Antoni, John
Hammond, Bob Margolin, Louisiana Red, Joe Ely, Lee Konitz…
che di qui sono passati, hanno bevuto, suonato, vissuto momenti
importanti.
Sfogliando queste pagine, osservando
le immagini, i volti delle persone, incontrando voci, canti,
risate, gridi soffocati, colori e odori di quelle mura, ci si sente
sempre più coinvolti, catturati da quell’atmosfera quasi
surreale, profondamente vicini a Bruno e Daniela, al loro modo di
pensare, al loro modo di vivere, alla poesia della semplicità
delle cose. E questo forse proprio perché della verità e
della purezza di sentimenti Bruno e Daniela hanno fatto il loro
credo.
Una storia lunga tredici anni che sa
rapire, divertire o commuovere come il suono puro e ipnotico di un
vecchio carillon.
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