Vorrei integrare la spettrografia di uno dei passi più peculiari
dell’Apocalipsis Nova proposta da Anna Morisi nelle sue Ricerche
su quanto, qui, esponenziato – Roma, Istituto Storico Italiano per il Medio Evo,
Studi storici, fasc. 77, 1970 –, mediante, in particolare, la ‘riga’ dei
capita IX-X della Collatio Patruum VIII (De Principatibus seu
Potestatibus, PL XLIX, 736-38) del discepolo di Giovanni Crisostomo,
Giovanni Cassiano (Dobrugia[?] 360-Marsiglia 435). Ma rileggiamo, prima di
tutto, le parti essenziali di quell’hapax – nella sua affabulazione specifica –
demonologico-, provocatoriamente, -preincarnazionale; traendolo, in mancanza non
solo d’una edizione critica di tale opera quattrocentesca, immediatamente
vulgatissima, ma anche d’una, sia pur parzialmente, esaustiva
recensio dei suoi, di conseguenza, numerosissimi testimoni, dalle carte
5r-8v del ms. Civ. AA.2.52 della ‘Statale’ di Cremona, la cui exaratio il
colophon – evidentemente sfuggito alla studiosa, se, a n. 38, include il
manufatto fra i non datati – attribuisce ad un «Presbiter Iohannes Colpanus de
Brignano, diocesis cremonensis», del quale, nel relativo Archivio, non v’è,
peraltro, alcuna traccia; e data al «die 8 Octobris 1522»:
«…Vos dicitis [così ‘Gabriel’ al ‘raptus’]: Angeli
peccaverunt; et verum dicitis; sed, cur et qualiter, ignoratis. Dicam tibi:
…Deus, …ut nos probaret… – audi rem mirabilem! –, apparuit nobis in forma talis
Hominis qualem, postea, assumpsit. […] "Ut sciatis…me decrevisse…, hominis
naturam, assumere; … et, in utero unius mulieris, concipi; et, ex ea, nasci. […]
Coletis Eum et adorabitis sicut Me. […] Illam quoque Mulierem, quam in matrem
elegi, preponam omnibus vobis: erit Regina vestra; honorabitis et coletis eam
[…]". Erant tunc multi, nobiscum, nobilissimi spiritus; inter quos, … quem vos,
Luciferum, appellatis. Hic primus incepit alios alloqui, dicens: "[…] Que
iustitia…movit Deum ut homo esse voluerit et non angelus? […] Noluit, hanc
SUMMAM DIGNITATEM, alicui nostrum concedere!..." […] Concupivit esse Deus eo
modo quo, et Homo,
nunc est Deus».
Orbene, anche Cassiano comincia dallo specifico
statu quo conoscitivo; ancorché, d’errore, si tratti, con lui, non di
siffatta ignoranza:
Nos hactenus credebamus causam initiumque ruinae, seu
praevaricationis, diabolicae, qua, de angelica statione, deiectus est, invidiam,
specialiter, extitisse, quando, Adam et Evam, livida calliditate, decepit.
E passa, successivamente, all’accertamento della verità:
Non esse istud initium praevaricationis illius, seu dejectionis,
Geneseos lectio manifestat; quae, ante illorum deceptionem, serpentini
nominis, eum, nota, credidit inurendum. […] Non enim, tali vocabulo, … bonum
angelum designasset. […] Livoris ac sedutionis materia, qua, ut hominem
deciperet, instigatus est, de, anterioris ruinae, exstitit causa; quod,
scilicet, de limo terrae nuperrime figuratum, ad illam, eum, GLORIAM cerneret
evocandum, unde…se meminerat corruisse.
Dove, sebbene non s’accenni alla, pre-‘patripassianamente’
drammatizzata, profezia incarnazionale pseudo-amadeita, la particolare flessione
prospettica del participio congiunto oggettivo non sembra giustificata dalla
realtà edenica fronteggiante il ‘deceptor’; mentre la «GLORIAM» di Cassiano
rimanda, secondo me, in puntuale archetipicità, alla «SUMMAM DIGNITATEM» dello
Pseudo-Amadeo; di cui valga altresì, in particolare, il «nunc»,
diacronicamente indissociabile da quella prospetticità. Già in Cassiano,
insomma, l’invidia di Lucifero non è rivolta ai doni (in primis, la Sua
immagine, con relativa prescrizione antropolatrica, genericamente omoiotica) di
cui Dio gratificò l’uomo all’atto di crearlo, ai quali fanno, invece,
riferimento la Vita latina di Adamo ed Eva, fra i cui numerosi
testimoni se ne contano, pure, non pochi, di quattrocenteschi, e, soprattutto,
l’Abbaton
copto, in cui «Dio Padre diede», ad Adamo, addirittura «una corona e uno
scettro; poi lo pose su di un trono; e ordinò a tutti gli angeli di rendergli
omaggio»; bensì al suo futuro destino d’incarnare Dio, che lo Pseudo-Amadeo non
fa che, appunto, pre-drammatizzare nell’Empireo theo-angelico, ripetendo, per di
più, la divina ‘mascherata’ nell’atto in cui, Dio-ultor, non apparve ai
fedifraghi edenici «in forma Deitatis, sed in forma qua, etiam nobis [parla
sempre Gabriele], apparuerat, quando, nobis, mandatum, de adorando Filio Suo,
tanquam homine, proposuit. Apparebat, ergo, eis ut Homo».
D’altronde, l’effettivo obiettivo ulciscitivo diabolico, mi pare
emerga anche dal confronto istituito, dall’Apoc. Nova, a 10r: «…nulla,
enim, mulier tantum amavit virum, et ipsa tantum fuit amata a viro, quantum,
Eva, Adam, et ipse, Evam, amavit; preter amorem illum insuperabilem qui fuit
inter Christum… et Mariam». «Nulla causa praecessit», invece, il casum
diaboli
secondo Anselmo d’Aosta, PL CLVIII, 360A; che, comunque, nel «Deus dicitur
inducere in tentationem quando non liberat ab ea», 327A e 351C, direi dimostri
di vedere nell’explicit del Pater l’ablativo di
Malus non di malum; il che è confermato dal «Guàrdaci e salva
da rie temptatione: /
da l'infernal Nemico» che occorre, alla c. 25r, vv. 221-22, d'un
testo del ms. G 92, suss., dell'Ambrosiana.
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