Minetti - Postilla, di attinenza luciferina, alla «Formazione del testo dello Pseudo-Amadeo :: Philomusica on-line :: Rivista di musicologia dell'Università di Pavia

 

Contributo di Francesco Filippo Minetti

 

Postilla, di attinenza luciferina, alla «Formazione del testo dello Pseudo-Amadeo»

 

 

Vorrei integrare la spettrografia di uno dei passi più peculiari dell’Apocalipsis Nova proposta da Anna Morisi nelle sue Ricerche su quanto, qui, esponenziato – Roma, Istituto Storico Italiano per il Medio Evo, Studi storici, fasc. 77, 1970 –, mediante, in particolare, la ‘riga’ dei capita IX-X della Collatio Patruum VIII (De Principatibus seu Potestatibus, PL XLIX, 736-38) del discepolo di Giovanni Crisostomo, Giovanni Cassiano (Dobrugia[?] 360-Marsiglia 435). Ma rileggiamo, prima di tutto, le parti essenziali di quell’hapax – nella sua affabulazione specifica – demonologico-, provocatoriamente, -preincarnazionale; traendolo, in mancanza non solo d’una edizione critica di tale opera quattrocentesca, immediatamente vulgatissima, ma anche d’una, sia pur parzialmente, esaustiva recensio dei suoi, di conseguenza, numerosissimi testimoni, dalle carte 5r-8v del ms. Civ. AA.2.52 della ‘Statale’ di Cremona, la cui exaratio il colophon – evidentemente sfuggito alla studiosa, se, a n. 38, include il manufatto fra i non datati – attribuisce ad un «Presbiter Iohannes Colpanus de Brignano, diocesis cremonensis», del quale, nel relativo Archivio, non v’è, peraltro, alcuna traccia; e data al «die 8 Octobris 1522»:

«…Vos dicitis [così ‘Gabriel’ al ‘raptus’]: Angeli peccaverunt; et verum dicitis; sed, cur et qualiter, ignoratis. Dicam tibi: …Deus, …ut nos probaret… – audi rem mirabilem! –, apparuit nobis in forma talis Hominis qualem, postea, assumpsit. […] "Ut sciatis…me decrevisse…, hominis naturam, assumere; … et, in utero unius mulieris, concipi; et, ex ea, nasci. […] Coletis Eum et adorabitis sicut Me. […] Illam quoque Mulierem, quam in matrem elegi, preponam omnibus vobis: erit Regina vestra; honorabitis et coletis eam […]". Erant tunc multi, nobiscum, nobilissimi spiritus; inter quos, … quem vos, Luciferum, appellatis. Hic primus incepit alios alloqui, dicens: "[…] Que iustitia…movit Deum ut homo esse voluerit et non angelus? […] Noluit, hanc SUMMAM DIGNITATEM, alicui nostrum concedere!..." […] Concupivit esse Deus eo modo quo, et Homo, nunc est Deus».

Orbene, anche Cassiano comincia dallo specifico statu quo conoscitivo; ancorché, d’errore, si tratti, con lui, non di siffatta ignoranza:

Nos hactenus credebamus causam initiumque ruinae, seu praevaricationis, diabolicae, qua, de angelica statione, deiectus est, invidiam, specialiter, extitisse, quando, Adam et Evam, livida calliditate, decepit.

E passa, successivamente, all’accertamento della verità:

Non esse istud initium praevaricationis illius, seu dejectionis, Geneseos lectio manifestat; quae, ante illorum deceptionem, serpentini nominis, eum, nota, credidit inurendum. […] Non enim, tali vocabulo, … bonum angelum designasset. […] Livoris ac sedutionis materia, qua, ut hominem deciperet, instigatus est, de, anterioris ruinae, exstitit causa; quod, scilicet, de limo terrae nuperrime figuratum, ad illam, eum, GLORIAM cerneret evocandum, unde…se meminerat corruisse.

Dove, sebbene non s’accenni alla, pre-‘patripassianamente’ drammatizzata, profezia incarnazionale pseudo-amadeita, la particolare flessione prospettica del participio congiunto oggettivo non sembra giustificata dalla realtà edenica fronteggiante il ‘deceptor’; mentre la «GLORIAM» di Cassiano rimanda, secondo me, in puntuale archetipicità, alla «SUMMAM DIGNITATEM» dello Pseudo-Amadeo; di cui valga altresì, in particolare, il «nunc», diacronicamente indissociabile da quella prospetticità. Già in Cassiano, insomma, l’invidia di Lucifero non è rivolta ai doni (in primis, la Sua immagine, con relativa prescrizione antropolatrica, genericamente omoiotica) di cui Dio gratificò l’uomo all’atto di crearlo, ai quali fanno, invece, riferimento la Vita latina di Adamo ed Eva, fra i cui numerosi testimoni se ne contano, pure, non pochi, di quattrocenteschi, e, soprattutto, l’Abbaton copto, in cui «Dio Padre diede», ad Adamo, addirittura «una corona e uno scettro; poi lo pose su di un trono; e ordinò a tutti gli angeli di rendergli omaggio»; bensì al suo futuro destino d’incarnare Dio, che lo Pseudo-Amadeo non fa che, appunto, pre-drammatizzare nell’Empireo theo-angelico, ripetendo, per di più, la divina ‘mascherata’ nell’atto in cui, Dio-ultor, non apparve ai fedifraghi edenici «in forma Deitatis, sed in forma qua, etiam nobis [parla sempre Gabriele], apparuerat, quando, nobis, mandatum, de adorando Filio Suo, tanquam homine, proposuit. Apparebat, ergo, eis ut Homo».

D’altronde, l’effettivo obiettivo ulciscitivo diabolico, mi pare emerga anche dal confronto istituito, dall’Apoc. Nova, a 10r: «…nulla, enim, mulier tantum amavit virum, et ipsa tantum fuit amata a viro, quantum, Eva, Adam, et ipse, Evam, amavit; preter amorem illum insuperabilem qui fuit inter Christum… et Mariam». «Nulla causa praecessit», invece, il casum diaboli secondo Anselmo d’Aosta, PL CLVIII, 360A; che, comunque, nel «Deus dicitur inducere in tentationem quando non liberat ab ea», 327A e 351C, direi dimostri di vedere nell’explicit del Pater l’ablativo di Malus non di malum; il che è confermato dal «Guàrdaci e salva da rie temptatione: / da l'infernal Nemico» che occorre, alla c. 25r, vv. 221-22, d'un testo del ms. G 92, suss., dell'Ambrosiana.

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