Andrea
Faini
«Amadeus» (1984): il
cortocircuito multimediale*
Abbreviazioni
***
Per chi desideri studiare il ruolo interpretato dal
suono e dalla musica nella costruzione del significato
all’interno dell’opera multimediale, il film
Amadeus[*] di Milos Forman e Peter Shaffer è
senz’altro un terreno fertile di osservazione e riflessione
critica, sotto due punti di vista tra loro strettamente
collegati.
Da un lato il film fa uso quasi esclusivo di musica
di repertorio e la innesta sulla trama di un lavoro teatrale
preesistente – datato 1979 e scritto dallo stesso Peter
Shaffer – determinando così un’originale catena di
combinazioni tra realtà separate ed autonome.
Dall’altro, raccontando le vicende di un musicista (gli
ultimi anni viennesi di Mozart), esso rende ancor più
significativa l’analisi della relazione incrociata tra la
trama e la sua realizzazione per suoni ed immagini. Come si
vedrà, tale relazione si configura come un vero e proprio
cortocircuito tra gli elementi in gioco.
Poche righe a proposito della genesi
dell’opera. Come detto, in principio fu la pièce
teatrale Amadeus, che racconta ascesa e caduta di Wolfgang
Amadeus Mozart alla corte viennese attraverso la memoria inquieta
del suo ‘carnefice’ Antonio Salieri. Trama e contenuti
del lavoro furono conservati – fatta eccezione per alcuni
ovvi adattamenti al mezzo cinematografico – anche nel film di
Milos Forman: l’invidia e la dolorosa ammirazione del
‘mediocre’ nei riguardi del ‘genio’
l’inebriante potere dell’arte, l’ingiustizia del
mondo restano temi portanti e facilmente identificabili anche nella
pellicola.
La differenza sostanziale, e quanto mai significativa
in relazione all’argomento della trama, è
un’altra: l’inserimento della musica. Totalmente
assente in teatro, la musica s’innesta nella narrazione
determinando caratteristici mutamenti semantici e in parte
alterando lo stesso decorso di alcune scene.
Quella che segue è un’analisi che, pur
facendo uso di categorie provvisorie e in taluni casi
problematiche, mira a delineare una fenomenologia delle possibili
interazioni tra musica (suono) e immagine, utilizzando il caso
specifico del film in esame come punto d’appoggio per alcune
considerazioni conclusive di carattere più generale.
Nello schema viene proposta una visione
d’insieme del lavoro analitico. Naturalmente non si tratta di
una descrizione esaustiva, ma sono elencate solo le scene più
significative in relazione alla categoria considerata.
I – PRIMA LA MUSICA, POI
L’IMMAGINE:
SCENA 6: descrizione della serenata (Serenata per
fiati in si maggiore, KV 361 detta Gran partita).
SCENA 16: Salieri esamina gli spartiti (parole
‘da buca’).
SCENE 11, 26, 30, 36: Die Entführung aus dem
Serail, Le nozze di Figaro, Don Giovanni, Die
Zauberflöte.
II – MUSICA-PONTE:
II.1 – Connessione tra passato e
presente (anche per mezzo di semplici suoni, come il soffio tra
le scene 19 e 20).
II.2 – TRANSIZIONE TRA SCENE:
SCENE 10-11: Katerina Cavalieri diventa Konstanze,
protagonista dell’Entführung.
SCENE 13-14: il rumore della carta strappata si
trasforma in sparo.
SCENE 23-24: dalla descrizione della prima scena di
fronte all’Imperatore alla prova de Le nozze di
Figaro.
SCENE 35-36: la madre di Constanze si trasforma nella
Regina della Notte del Zauberflöte.
II.3 – CESURA ALL’INTERNO DI UNA
SCENA:
SCENA 1: la musica (Sinfonia in sol minore n.
25, KV 183) comincia in coincidenza con lo sfondamento della
porta.
SCENA 20 (in forma A – B – A): dicotomia
tra il Mozart-compositore e Mozart-uomo.
SCENA 21: ingresso del solista coincide con lo stacco
sulla carrozza di Salieri.
III – PRIMA L’IMMAGINE, POI LA
MUSICA:
SCENA 19: ballo in maschera.
SCENA 38: dettatura del Requiem.
SCENE 1, 18, 29, 31,34: accordo iniziale del Don
Giovanni.
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I – Prima la musica, poi
l’immagine
La mia analisi muove dagli aspetti più peculiari
di Amadeus – le interazioni tra suono e immagine
caratteristiche cioè di un film di argomento musicale –
per giungere solo in seguito alle categorie più consuete; tale
risalita dal particolare al generale contribuirà, spero, a
formulare con maggior chiarezza le considerazioni conclusive.
Scelgo di prendere in esame la sedicesima scena, che
riassumo brevemente: Constanze, moglie di Mozart, si reca da
Salieri per sottoporgli alcuni spartiti del marito. Salieri sfoglia
in un estatico crescendo le partiture sino a lasciarle cadere a
terra e, dopo averle calpestate, esce dalla stanza sbattendo la
porta.
La musica attacca nel preciso momento in cui Salieri
inizia a leggere la partitura, seguendo come una didascalia le
inquadrature del pentagramma, mutando in perfetta sincronia con i
cambi di pagina e interrompendosi bruscamente alla caduta dei
fogli. Le parole del vecchio Salieri descrivono la musica nello
stesso lasso di tempo in cui essa risulta presente, come
evidenziato dallo schema riassuntivo che segue:
Immagine
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Inquadratura delle pagine
dello spartito, inframmezzata da primi piani del giovane Salieri in
estasi e del vecchio Salieri che narra.
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Musica
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In sincronia con i cambi di
partitura.
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Parola
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Il vecchio Salieri racconta
la musica e la sua intensa emozione di allora.
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Siamo in questo caso di fronte ad un rapporto di
forza fra i media sbilanciato a favore della musica:
immagini e parole sono al servizio della musica, parafrasando la
terminologia di Michel Chion potremmo parlare di parole e immagini
‘da buca’.
Un altro aspetto significativo: la trama teatrale
ospitava in questo punto la seduzione di Constanze da parte di
Salieri. L’originaria connotazione sessuale viene qui
sublimata attraverso la musica – la reazione di Salieri alla
lettura della partitura mostra evidenti affinità con
l’orgasmo – a riprova che essa riveste in questo
passaggio un ruolo dominante.
II – Musica-ponte
Malgrado ricorra più volte nel corso del film,
la situazione appena analizzata non può certo dirsi abituale.
Ben più frequente, e con un’ampia gamma di funzioni,
è l’uso più equilibrato della musica in relazione
alle immagini ai fini dello sviluppo della trama e, in particolare,
per determinare le cesure al suo interno.
Un primo caso, direttamente riconducibile alla
struttura narrativa del film, è quello in cui la musica gioca
il ruolo di cerniera tra il passato (le vicende narrate) e il
presente (il Salieri narrante) del film. Il più delle volte
ciò si verifica con la semplice sovrapposizione del cambio
d’immagine ad una traccia musicale ininterrotta, ma altrove
la cesura è realizzata anche con un solo suono.
II.2 – Transizione tra scene
Più interessante, in relazione alla costruzione
del significato, è tuttavia l’uso della musica nelle
transizioni tra scene. Caso esemplare mi pare il passaggio dalla
decima all’undicesima scena: Salieri, al pianoforte,
accompagna Katerina Cavalieri nei suoi vocalizzi. Mentre la
cantante viene ripresa di spalle, il canto si trasforma
repentinamente nell’aria virtuosistica Martern aller Artern dall’Entführung. L’inquadratura successiva, poi,
mostra effettivamente il palco di un teatro, con Katerina nei panni
di Konstanze, la protagonista dell’opera.
La musica, qui, non si limita ad
ungere i cardini del cambio di scena, rendendolo fluido, ma ricopre
un ruolo decisivo nel sottolineare il significato intrinseco della
sequenza. I vocalizzi che si trasformano nei virtuosismi
dell’aria, infatti, testimoniano auralmente come il
‘geniale’ Mozart riesca a godere impunemente dei frutti
del duro lavoro del ‘mediocre’ Salieri; un innocuo
cambio di scena si colora così di un messaggio
inequivocabile.
Ma il mutuo scambio tra suono e
immagine non si ferma qui. Mentre Katerina Cavalieri canta, la
combinazione della gestualità di Mozart nel dirigere e
l’uso sapiente di serrati cambi d’inquadratura tra i
primi piani di compositore e cantante connota sessualmente la
scena, svelando il carattere della relazione tra i due in modo
più diretto e ben prima delle parole chiarificatrici del
vecchio Salieri: «così capii che l’aveva
avuta».
II.3 – Cesura
all’interno di una scena
Il procedimento di anticipare i cambi
di scena con la musica è molto frequente in Amadeus, ma
la musica viene impiegata anche per realizzare cesure meno forti
all’interno delle singole scene, strutturando e scandendo la
narrazione.
L’esempio forse più
significativo di tale procedimento è quello della ventesima
scena, che riassumo nel sintetico schema che segue:
Immagine
|
Mozart, chiuso nella sua
stanza, compone giocando con una palla da biliardo.
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L’arrivo della nuova
cameriera genera un bisticcio tra Mozart, il padre Leopold e
Constanze.
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Mozart si ritira nella sua
stanza a comporre.
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Musica
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OFF: un estratto da
Le nozze di Figaro
|
–
|
OFF: un estratto da
Le nozze di Figaro
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Parola
|
–
|
Dialogo e poi chiassoso
litigio
|
–
|
La musica è dunque confinata
alle estremità, mentre è del tutto assente nella sezione
centrale. È bene aggiungere che la scansione della scena
è sottolineata, oltre che dalla presenza o meno della musica,
dall’apertura e chiusura della porta della stanza; tema,
questo della porta, che può essere considerato un vero e
proprio leitmotiv visivo della pellicola.
La riconoscibile struttura che
risulta dalla combinazione musica-silenzio-musica è quella di
una forma tripartita A – B – A, che rende esplicita la
stridente contraddizione tra il Mozart ‘sublime’
– il compositore che dà la voce a Dio – e il
Mozart ‘volgare’ (che altrove viene allo scoperto nella
sua grossolana risata), prigioniero della cacofonia dei bisticci
domestici.
Queste rapide osservazioni consentono
di concludere che Amadeus è caratterizzato da un
peculiare uso del sonoro in funzione strutturale, uso tuttavia che
non è da considerarsi esclusivo. Piuttosto, nella sua
specificità, l’impiego della musica si rivela
un’efficace guida alle molteplici possibilità
combinatorie fra i media coinvolti nell’opera
cinematografica.
III – Prima
l’immagine, poi la musica
L’ultima tappa del percorso a
ritroso dal cuore musicale di Amadeus ai suoi tratti
più ‘comuni’ prevede di prendere in esame le scene
o gli elementi filmici in cui è l’immagine a rivestire
un ruolo primario nella costruzione del significato.
Tralascio l’analisi della
diciannovesima scena, il ballo in maschera – pure emblematica
nell’uso della simbologia visiva – per concentrare
l’attenzione su altri due passaggi significativi: la celebre
sequenza della dettatura del Requiem e l’uso, in
funzione di motivo conduttore, dell’accordo iniziale
dell’ouverture del Don Giovanni.
La sequenza della dettatura del
Requiem si estende per più scene, malgrado il suo perno
centrale risulti la trentottesima scena. La musica risulta qui al
servizio della trama narrativa sviluppata per immagini; scomposta e
ricombinata, canticchiata dagli attori o in versione ‘da
buca’, essa riempie gli interstizi della struttura filmica,
irrobustendola senza determinarla. Non si riscontra, in altre
parole, una sua funzione strutturale paragonabile a quella
osservata in precedenza, piuttosto la musica riveste un ruolo di
sostegno gestito con notevole sapienza registica. Potremmo dire che
ci viene qui mostrata, attraverso la scomposizione nel fluire delle
immagini, la natura ‘multimediale’ della musica,
costituita dalla sovrapposizione, o per meglio dire
dall’interazione, tra segmenti diversi (voci, archi, fiati,
percussioni, ecc.).
Più tradizionale, ma non meno
efficace, l’uso dell’accordo iniziale del Don
Giovanni in funzione di leitmotiv. Esso si presenta ben
cinque volte nel corso della pellicola, e vale la pena di
considerarle in rapida successione.
La prima, profetica apparizione
precede l’inizio vero e proprio del film, presentandosi sul
nero, istituendo così sin da subito il legame tra suono e
colore.
La seconda si verifica in
corrispondenza dell’entrata in scena di Leopold Mozart,
avvolto in un mantello nero; la sequenza logica Nero – Padre
– Don Giovanni risulta così stabilita.
A rafforzare tale associazione di
idee, la terza comparsa dell’accordo avviene su un primo
piano del ritratto di Leopold conservato in casa Mozart e funge da
transizione alla scena successiva, la rappresentazione vera e
propria del Don Giovanni.
Di segno diverso, ma in realtà
perfettamente inserite nella catena logica già costruita, le
ultime due apparizioni dell’accordo, che si verificano in
corrispondenza delle due visite del messaggero in nero –
Salieri travestito – che commissiona a Mozart il
Requiem e ne sorveglia la composizione. Qui, potremmo dire,
l’associazione Nero – Padre – Don Giovanni viene
sfruttata da Salieri per incutere paura e soggezione
nell’odiato genio.
Conclusioni
Per formulare qualche considerazione
generale, è forse una buona idea muovere proprio
dall’ultimo caso esaminato – quello dell’accordo
del Don Giovanni – e domandarsi se, per rivestire la
medesima funzione all’interno della pellicola, non sarebbe
potuto risultare altrettanto efficace, ad esempio, il primo accordo
dell’ouverture del Mitridate, re di Ponto. Il
che, per inciso, è un modo indiretto di chiedersi perché
Forman e Shaffer abbiano scelto proprio l’accordo del Don
Giovanni.
Ebbene, credo che la breve analisi
condotta su Amadeus dimostri che la questione, posta in
questi termini, rischia di essere del tutto fuorviante: mai come in
questo caso, infatti, risulta evidente l’inestricabile
circuito multimediale di un’opera cinematografica.
Dove risiede il significato di
Amadeus? Nella musica scelta? Ma questa risulta cucita
addosso al testo di Shaffer. E come nasce il testo di Shaffer?
Dalla lunga tradizione biografica sviluppatasi attorno alla figura
di Mozart. Ma cosa c’è all’origine dell’idea
che abbiamo di Mozart? La sua musica.
Punto di partenza e d’arrivo,
perciò, coincidono; il che suggerisce che non sia possibile
considerare i singoli media – musica, immagine, parola
– come entità separate, conservate sotto vuoto e
sovrapposte ad arte per dar vita ad una torta multistrato, e che le
stesse classificazioni utilizzate nel presente lavoro vadano
considerate al più tappe del percorso analitico e non certo
monolitici traguardi.
Piuttosto, Amadeus testimonia
che nell’opera cinematografica i media provengono da
un comune brodo di coltura, in cui i singoli sapori risultano
indissolubilmente mescolati fra loro. Il concetto di
multimedialità è fuorviante se si considera il lavoro
finale come risultato di un processo di accumulazione di materiali
neutri: l’esperienza multimediale rimane sempre infinitamente
meno completa della nostra esperienza reale.
Pertanto, credo sia più utile
pensare alla multimedialità in termini di sottrazione:
l’autore dell’opera cinematografica circoscrive, con
l’uso incrociato dei media, un nucleo di significato
all’interno della più vasta realtà
dell’esperienza. All’interno di questo nucleo permane
un’irrisolta ed irrisolvibile ambiguità, basti pensare a
quanto possa mutare l’idea che ci siamo fatti del significato
di Amadeus qualora l’analisi ponga l’accento
sulla cornice del racconto – Salieri che rievoca il passato
da un manicomio: forse l’intera vicenda è il parto di
una mente non più lucida?
Tuttavia è indubitabile che la
pellicola scarti certi significati: nella rete di associazioni di
Amadeus, l’accordo del Don Giovanni può
essere interpretato in vari modi, ma certo non rappresenta un
segnale d’ilarità (e non è escluso che in altro
contesto potrebbe rappresentarlo). È lecito interpretare in
modi diversi il nucleo di significati individuato dal film, ma non
in tutti i modi possibili.
L’organismo multimediale,
insomma, non può essere vivisezionato alla ricerca di una
verità che risulti dalla sommatoria di verità parziali.
Va considerato nella sua integrità, per la pluralità di
significati che dischiude. E anche, forse soprattutto, per quelli
che esclude.
Scheda del
film
Regia: Milos Forman; Soggetto
e sceneggiatura: Peter Shaffer; Attori principali: F.
Murray Abraham (Antonio Salieri), Tom Hulce (W. A.
Mozart), Elizabeth Berridge (Constanze Weber), Simon
Callow (Emanuel Schikaneder), Roy Dotrice (Leopold
Mozart), Christine Emersole (Katerina Cavalieri), Jeffrey
Jones (Imperatore Joseph II), Charles Kay (Conte
Orsini-Rosenberg); Produttore: Saul Zaentz; Produttori
esecutivi: Michael Hausman e Bertil Ohlsson;
Direttore della fotografia: Miroslav Ondricek; Direttore e
supervisore delle musiche: Neville Marriner; Coreografia:
Twyla Tharp; Scenografia: Patrizia Von
Brandestein;
8 Premi Oscar 1985: miglior
film, miglior regista, miglior attore protagonista (F. Murray
Abraham), miglior sceneggiatura, migliori costumi, miglior sonoro,
miglior trucco, migliori scenografie.
Bibliografia essenziale
MICHEL CHION,
L’audiovisione. Suono e immagine nel cinema, Torino,
Lindau, 20012;
NICHOLAS COOK, Analysing musical
multimedia, Oxford, Clarendon Press, 1998;
MALGORZATA KUROWSKA, Peter
Shaffer’s Play «Amadeus» and its Film Adaptation by
Milos Forman, Diplomarbeit, Johannes Gutenberg-Universität
Mainz, 1998.
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