Alessandro
Bratus
«Come To Daddy» e «Rubber
Johnny» di Aphex Twin e Chris Cunningham
Abbreviazioni
***
Il videoclip è un fenomeno audiovisivo
che emerge all’inizio degli anni Ottanta, sotto la spinta di
vari fattori che coinvolgono le case discografiche, gli artisti e
il contesto storico. Come ricordano almeno i precedenti dei
soundies americani degli anni Quaranta (utilizzati per la
promozione di artisti jazz, talvolta anche caratterizzati dalla
presenza di una narrazione), dello Scopitone francese degli
anni Cinquanta-Sessanta, una sorta di juke-box che conteneva
registrazioni video delle performance degli artisti di maggior
successo commerciale, o dei numerosi esempi di esperimenti
multimediali nella produzione dei Beatles, il videoclip non
è il primo tentativo di unione tra immagine e suono. La sua
specificità rispetto alle esperienze precedenti è data
dall’emergere di una serie di elementi che contribuiscono
alla nascita e al successo di questa forma:
– Fattori commerciali: all’inizio
degli anni Ottanta cominciano a raffinarsi le strategie di
marketing che sfruttano l’immagine dell’artista
come veicolo promozionale per la sua musica. In questo modo si crea
quella saldatura tra case discografiche e reti televisive che
permetterà al videoclip di affermarsi come principale
mezzo di promozione caratteristico della popular music,
favorendo la nascita di canali dedicati in esclusiva alla
trasmissione di questa forma audiovisiva;
– Fattori di genere: con la fine degli
anni Settanta e con l’esaurirsi del fenomeno del punk
la musica elettronica inizia a penetrare nella sfera della
popular music. Il termine ‘musica elettronica’
appare già da subito come un contenitore in grado di riunire
generi e approcci differenti, si va dalle sperimentazioni di Brian
Eno o dei Kraftwerk a pezzi esclusivamente concepiti e finalizzati
per il ballo. Dal punto di vista audiovisivo la musica elettronica
impone di confrontarsi con un tipo di esecuzione molto più
difficile da spettacolarizzare rispetto a quella dei gruppi o degli
artisti che suonano musica elettroacustica. Questa difficoltà
viene intesa come uno stimolo per la ricerca di nuove strategie di
comunicazione nei confronti del pubblico;
– Fattori artistici: alla necessità
di trovare nuove forme espressive fa riscontro anche una tendenza
dei registi a distaccarsi dal linguaggio cinematografico e
televisivo, creando un tipo specifico di espressione visiva. A
questo corrisponde anche la nascita di diverse tipologie di
videoclip (narrativo, di animazione, surreale, etc.), non
necessariamente legate alla semplice ripresa della
performance dell’artista.
A livello formale il videoclip presenta alcune
caratteristiche che lo definiscono come oggetto unico
all’interno del panorama degli audiovisivi:
1. Brevità:
è una forma breve, legata all’orizzonte temporale della
canzone.
2. Carattere
promozionale: lo scopo del videoclip è quello di
vendere il brano per cui è girato. Nella sua costruzione il
brano svolge un ruolo primario.
3. Linguaggio
sperimentale: all’interno dei videoclip viene
utilizzato un linguaggio che proviene da diversi tipi di
comunicazione filmica e si ispira a una pluralità di modelli,
riprendendo molte caratteristiche dal cinema postmoderno.
4. Impostazione
sinestetica: il videoclip è una forma che nasce
dalla sintesi di immagine e suono e non può esistere senza il
continuo apporto di queste due componenti. La specificità del
videoclip è quella di contenere dei punti di
sincronizzazione in cui immagine e suono vengono a coincidere, per
il resto i due elementi scorrono in modo indipendente.[1]
La collaborazione tra Aphex Twin e Chris Cunningham
inizia alla fine degli anni Novanta all’interno della Warp
Records di Sheffield, una casa di produzione indipendente nata con
un preciso programma estetico: dimostrare l’esistenza di un
modo creativo di usare le tecnologie elettroniche a fini artistici,
in particolare nei campi della musica e delle produzioni
audiovisive. Aphex Twin, pseudonimo di Richard D. James, è un
artista che si è particolarmente segnalato negli ultimi
quindici anni per aver lavorato sulla generazione e modificazione
elettronica del suono, sulla scorta degli esempi sviluppatisi sia
in ambito popular (Kraftwerk, Einstürzende Neubauten,
Autreche, B12, The Orb), sia in ambito colto (soprattutto
Stockhausen, Cage, Glass). Fin dai primi anni Novanta è
considerato uno dei protagonisti del genere IDM, acronimo di
Intelligent Digital Music: tale genere si contraddistingue
per la presenza quasi esclusiva di suoni di sintesi e
dall’uso di pattern ritmici complessi, spesso anche non
ricorsivi, che negano la funzione di ballo che aveva caratterizzato
fino a quel momento la musica elettronica nel panorama
popular.
Chris Cunningham è un artista attivo dalla fine
degli anni Ottanta, prima come disegnatore e fumettista, poi come
tecnico degli effetti speciali per film come Hellraiser 2
(Tony Randell, 1988), Alien 3 (David Fincher, 1992),
Alien. La clonazione (Jean-Pierre Jeunet, 1997). Dal 1997
egli inizia a farsi un nome come regista di videoclip
proprio grazie al grande successo di Come to Daddy, frutto
della prima collaborazione con Aphex Twin; questo successo lo
porterà a collaborare con moltissimi altri musicisti, come i
Portishead (Only You, 1998), Madonna (Frozen, 1998),
Squarepusher (Come on my Selector, 1998), Letfield &
Afrika Bambaataa (Africa Shox, 1999), Björk (All is
Full of Love, 1999). Oltre che come regista di
videoclip, i suoi interessi lo hanno spinto a occuparsi
anche di altre forme audiovisive brevi, come le video-installazioni
Flex (2000) e Monkey Drummer (2001), con musica di
Aphex Twin, presentate alla Biennale di Venezia del 2001, o le
pubblicità per vari prodotti e servizi (per la Nissan, BMW,
Sony e altri).
I videoclip che Chris Cunningham ha realizzato
per Aphex Twin sono Come to Daddy (1997),
Windowlicker (1999) e Rubber Johnny (2005). In questa
sede si è deciso di trattare nel dettaglio il primo e
l’ultimo di questi esempi, perché presentano una serie
di tratti comuni interessanti. Windowlicker è una
parodia dei video hip-hop più mainstream,
affollati di ragazze in costume da bagno e auto di lusso;
perciò la sua trattazione richiederebbe un discorso più
specifico. Come to Daddy porta sullo schermo il singolo
dall'EP omonimo, uscito nel 1997 per la Warp Records. Il soggetto
è centrato su un gruppo di bambini che, tutti mascherati con
la faccia di Richard D. James, sotto l’influenza di un mostro
partorito da un televisore abbandonato, terrorizzano gli abitanti
di un sobborgo della periferia di Londra. Rubber Johnny si
presenta come un documentario che racconta la vita di un ragazzino
mutante imprigionato dai suoi genitori in cantina con un cane. Due
particolarità di questo oggetto audiovisivo lo rendono diverso
dal videoclip tradizionalmente inteso: in primo luogo è
stato reso pubblico a ben quattro anni di distanza dal disco che
conteneva la canzone da promuovere (afx237v.7 dal doppio CD
Druqks del 2001); in secondo luogo la colonna audio non
è costituita dal brano così come appare sul disco, ma
è stata adattata e re-mixata dallo stesso Cunningham in
accordo con le proprie esigenze audiovisive, trasformandolo in vera
e propria ‘musica per immagini’.
Il primo aspetto preso in esame è stato quello
relativo al ruolo del suono rispetto all’immagine, con
particolare riguardo alla sincronizzazione tra questi due elementi.
Di norma nei videoclip la funzione affidata alla musica
è sintattica, sia a livello macroformale (le principali
sequenze visive corrispondono alle sezioni della canzone o del
pezzo strumentale), sia a livello microformale (con la
sincronizzazione tra i movimenti dei musicisti durante la
performance e il suono che li accompagna). A livello
macroformale si può dire che, nella maggioranza dei casi, sia
la struttura del pezzo musicale a definire a livello formale il
videoclip, o perlomeno a fornire un’intelaiatura
latente che può essere sfruttata in diversi modi. Ma si danno
anche casi, come quelli presi qui in esame in queste pagine, in cui
il video può influenzare la struttura del pezzo musicale,
modificandolo in funzione delle sue esigenze. Non essendo
gerarchico ma paritario, il rapporto tra suono e immagine può
essere declinato all’interno della forma del videoclip
in maniere molto diverse, dando vita a una pluralità di
disposizioni strutturali, in cui uno o l’altro elemento
possono essere predominanti. La pariteticità tra questi due
elementi è un fattore di capitale importanza nel processo che
ha visto cambiare lo statuto ontologico del videoclip da
semplice veicolo promozionale a forma audiovisiva breve dotata di
una propria autonomia, in grado di sintetizzare un nuovo
linguaggio, capace in molti casi di trascendere la funzione
meramente commerciale.
Il fatto che, in Come to Daddy come in
Rubber Johnny, sia stata la musica ad adattarsi alle
immagini è segno di una scelta estetica precisa, espressa
sinteticamente da Chris Cunningham in questi termini: «If I
did have any anxiety it would be that the format of the music
videos I was doing forces you to make things very robust and
structured because the music’s so structured».[2] Nelle
tabelle che seguono ho schematizzato le sezioni formali dei brani
di Aphex Twin, così come appaiono nel videoclip,
affiancate alle sequenze di Come to Daddy e Rubber
Johnny, allo scopo di evidenziare il ruolo sintattico che
svolge il rapporto tra le due componenti del videoclip. Nel
caso di Rubber Johnny, vista la grande differenza formale
tra il brano presente sul disco originale e la colonna audio del
videoclip, si è ritenuto opportuno fornire anche uno
schema riassuntivo della struttura originale del pezzo.
Tabella 1: Come To Daddy – schema
formale / struttura musicale
VIDEOCLIP
|
TRACCIA AUDIO ORIGINALE*
|
Sequenza
|
Inquadrature
|
Durata
(mm:ss)
|
Sinossi
|
Sezioni della composizione
|
Durata
(mm:ss)
|
1
|
1-46
|
0:00-1:15
|
Titoli di testa – La vecchia
signora con il cane
|
|
|
2
|
47-68
|
1:16-1:39
|
L’accensione del televisore
|
A
|
0:00-0:23
|
3
|
69-97
|
1:39-1:58
|
I bambini corrono verso il televisore
|
A
(entrata della batteria)
|
0:23-0:48
|
4
|
98-112
|
1:59-2:14
|
L’incontro
|
B
|
0:48-0:59
|
5
|
113-133
|
2:15-2:37
|
Il trasporto del televisore
|
A
|
0:59-1:47
|
6
|
134-159
|
2:38-3:04
|
Terrore nel parcheggio
|
7
|
160-209
|
3:05-3:48
|
Il cortile
(con l’inserzione di nuova musica da 3:11 a 3:24)
|
Percussioni
(musica per bambini)
A
|
1:47-2:20
|
8
|
210-256
|
3:49-4:37
|
L’evocazione
|
C
|
2:20-3:07
|
9
|
257-265
|
4:38-5:00
|
Alla corte di Aphex Twin
|
A
|
3:07-3:30
|
10
|
266-368
|
5:01-5:50
|
Il ballo della creatura – Titoli di coda
|
Percussioni
|
3:30-4:21
|
* APHEX TWIN, Come To Daddy, Warp
Records, 1997 (WAP094)
|
***
Tabella 2: Rubber Johnny – schema
formale / struttura musicale
VIDEOCLIP
|
TRACCIA AUDIO ORIGINALE**
|
Sequenza
|
Inquadrature
|
Durata
(mm:ss)
|
Sinossi
|
Sezioni della composizione
|
Durata
(mm:ss)
|
1
|
1-3
|
0:00-1:20
|
Rubber Johny e il padre
|
|
|
2
|
4-14
|
1:21-2:09
|
Titoli di testa – La cantina e il cane
|
|
|
3
|
15-25
|
2:10-3:19
|
Il ballo di Rubber Johnny – 1
|
A1
|
0:00-1:09
|
4
|
26-27
|
3:20-3:26
|
Rimprovero del padre – 1
|
B (ridotta)
|
1:09-1:13
|
5
|
27-38
|
3:27-3:44
|
Il ballo di Rubber Johnny – 2
|
A2 (ridotta)
|
1:27-1:51
|
6
|
49-60
|
3:45-4:37
|
Il nascondino
|
A3 (entra in fade-in da n. 4:10, inquadratura del
‘ballo’)
|
2:17-2:45
|
7
|
61-68
|
4:38-5:07
|
Rimprovero del padre – 2
|
|
|
8
|
69-71
|
5:08-6:00
|
Titoli di coda
|
|
|
** APHEX TWIN, Drukqs, 2CD, Warp Records
WARPCD92, 2001
|
***
Tabella 3: afx237v.7 (versione
Druqks) – schema formale
Sezioni
|
Durata
(mm:ss)
|
A1
|
0:00 - 1:09
|
B
|
1:09 - 1:27
|
A2
|
1:27 - 2:05
|
C
|
2:05 - 2:17
|
A3
|
2:17 - 3:47
|
D
|
3:47 - 4:15
|
In Come to Daddy le differenze tra decorso
musicale e sequenze audiovisive sono minime: rispetto alla versione
su disco il videoclip aggiunge una parte introduttiva
(corrispondente a S1), composta di rumori ed effetti
elettronici, mentre da S2 in poi viene ripresa la struttura
del pezzo così come appare sul disco. L’unica eccezione
è l’inserzione di un frammento di una musica dolce,
cantata da voce femminile e connotata come musica per bambini
(3:11-3:24), accompagnata all’immagine dei bambini che
saltellano entrando nel cortile (S7), introdotta per
estremizzare il contrasto tra la supposta innocenza infantile a la
qualità diabolica dei bambini ritratti in questo video. La
corrispondenza sintattica tra sezioni musicali e sequenze visive
è sempre rispettata, tranne che nelle prime inquadrature di
S6. In questo momento la logica che ha regolato gli altri
punti di sincronizzazione tra immagine e suono dovrebbe imporre che
la nuova strofa (A, nello schema) inizi insieme a questa
sequenza. In realtà A inizia qualche secondo prima,
all’inquadratura n. 132 di S5, per permettere a
Cunningham di mostrare la faccia deformata di Aphex Twin che
‘canta’ dentro il televisore. Un dettaglio che sembra
essere una sorta di ‘omaggio’ alle convenzioni del
videoclip, inserito intenzionalmente e, molto probabilmente,
con valenza ironica.
In Rubber Johnny la manipolazione del pezzo
che fa da colonna audio al videoclip è più
radicale. Rispetto alla forma di afx237v.7 presente su
Drukqs, strutturata come una forma rondò, con A
che si ripete con variazioni opposto alle sezioni B,
C, D che sono tutte e tre diverse, Cunningham ha
mantenuto in forma integrale o semi-integrale le parti A1,
A2, A3, eliminando le altre sezioni. L’unica
eccezione è la ripresa di B all’inizio di
S4, che però subito sfuma, sommersa dagli improperi del
padre di Johnny. Per il resto la dimensione sonora del
videoclip è composta di rumori campionati e assemblati
dal regista allo scopo di sonorizzare l’ambiente della
cantina, non presenti nella traccia originale pubblicata su
Drukqs. Risulterà allora chiaro come Cunningham abbia
adattato il pezzo intitolato afx237v.7 alle proprie esigenze
audiovisive, rendendolo dal punto di vista musicale un'altra
composizione, che senza la controparte visuale perderebbe la sua
logica interna. Tale diversa configurazione del rapporto tra musica
e immagine indica anche una precisa scelta di campo estetica: da un
lato Cunningham rifiuta la centralità della canzone come
oggetto da promuovere per mezzo del videoclip,
dall’altro fonde le proprie competenze con quelle del
musicista, creando una sorta di macro-autore, responsabile in
toto del risultato artistico dell’operazione.
A livello microformale il rapporto tra suono e
immagine è definito soprattutto dal ruolo di due elementi: il
montaggio, in Come to Daddy, e gli effetti di
morphing digitale dell’immagine, in Rubber
Johnny. Nel primo caso si nota come il ritmo del montaggio vada
di pari passo con l’intensità generale della colonna
audio, legandosi alla maggiore e minore densità degli strati
percussivi. Se si esamina, ad esempio, l’ultima sequenza del
video (S10, da 5:01 a 5:50) si possono notare circa un
centinaio tra cambi di inquadratura e tagli, in media due per
secondo, in corrispondenza con una sezione totalmente costruita
tramite la sovrapposizione di una moltitudine di linee percussive.
Le immagini, inoltre, sono spesso ripetute a breve distanza le une
dalle altre, sia identiche sia riprese da diverse angolazioni,
mettendo in atto quel meccanismo di ‘prisma’ di cui
parla Chion a proposito del videoclip quando sostiene che il
montaggio, in questa forma, è un mezzo per creare una
sensazione di ‘polifonia visiva’ sulla base di
un’immagine alla volta.[3]
Nel caso di Rubber Johnny il rapporto
microformale tra suono e immagine è sottolineato
dall’uso di tecniche di post-produzione dell’immagine
come il morphing e l’editing digitale dei
singoli fotogrammi, che sono stati fatti aderire nel modo più
fedele possibile ai principali eventi del pezzo musicale. Grazie a
queste tecniche Cunningham raggiunge lo stesso effetto di
concitazione visiva che in Come to Daddy era ottenuto
estremizzando la velocità del montaggio. L’uso intensivo
dei procedimenti di modificazione dell’immagine rendono
possibile un montaggio molto meno frenetico rispetto a quello del
videoclip precedente, con un totale di poco più di
settanta cambi di inquadratura e tagli di pellicola, in un lasso di
tempo praticamente identico. Sempre a questo proposito è da
notare come, nonostante il ritmo del montaggio in Rubber
Johnny sia più lento di quello di Come to Daddy, i
due brevi audiovisivi siano accomunati dall’uso di una serie
di inquadrature ricorsive, che hanno la funzione di accentuare
ulteriormente quell’effetto prismatico caratteristico della
forma del videoclip.
Dopo aver approfondito il rapporto sinestetico nella
direzione che va dal suono alle immagini, si passerà ora a
illustrare il percorso inverso, ossia quale ruolo assumano queste
ultime rispetto agli eventi sonori ai quali sono sincronizzate. In
questo modo il discorso si sposterà dal livello
formale-sintattico a quello semantico, in quanto il suono,
attraverso il suo saldarsi a determinate immagini o effetti visivi,
acquista un significato, creando un vocabolo audiovisivo che nasce
dall’unione di questi due differenti linguaggi.
Due esempi particolarmente evidenti si trovano in
Come to Daddy. Il primo è costituito dall’effetto
di distorsione del suono che all’inizio del videoclip
viene fatto corrispondere alle scariche statiche
dell’accensione del televisore, mentre nel proseguimento
diventerà l’effetto applicato alla parte di voce e
chitarra. Tramite questa identificazione non solo viene messo in
atto un meccanismo per cui lo spettatore diventa consapevole della
presenza del televisore acceso anche quando questo non è
inquadrato, ma si raggiunge anche il risultato di connotare tutto
ciò che fuoriesce da quello schermo come qualcosa di distorto,
negativo, capace perfino di plagiare le coscienze di creature
innocenti come i bambini. Inoltre, è interessante
quest’uso dell’immagine della televisione perché
rappresenta un vero e proprio topos all’interno del
genere del videoclip (è, infatti, il luogo stesso della
performance), caratterizzato come fonte di uno spettacolo
grottesco, spaventoso, capace di generare veri e propri
mostri. Il secondo esempio è dato dall’immagine
del bastone passato su sbarre o inferriate dai bambini, che viene
identificato con una ‘rullata’ di percussioni
elettroniche in numerose occasioni durante il videoclip. In
questo caso il suono percepito non è reale, ma viene fatto
corrispondere a un evento visivo che ne riproduce il decorso
ritmico e che si salda ad esso in modo indissolubile, rendendo
possibile l’identificazione tra immagine reale e suono
irreale, non corrispondente a quella che è la nostra
percezione reale.
Altri casi particolarmente chiari di questo tipo di
rapporto semantico tra immagine e suono si trovano
all’interno di Rubber Johnny. Ad esempio, le
percussioni dalle frequenze più alte sono associate ai raggi
laser durante le sequenze di ‘ballo’ del protagonista,
facendo corrispondere a un suono dall’attacco e dal
decadimento rapidissimo l’immagine del fascio di luce che
passa a grande velocità sullo schermo. La cassa della batteria
elettronica è invece legata ai lampi di luminosità
applicati alle immagini e all’impatto della faccia del
protagonista con la telecamera (fine di S6). Nel primo caso
la sinestesia tra immagine e suono riproduce il meccanismo delle
luci stroboscopiche, nel secondo caso la cassa ‘mima’
il rumore reale del contatto violento, ricreando quel meccanismo di
associazione tra immagine reale e suono irreale già
esemplificato a proposito di Come to Daddy. Un ultimo
esempio di semantizzazione del suono è particolarmente
interessante perché spiega anche quale sia stata l’idea
alla base della genesi di Rubber Johnny. Come ha spiegato lo
stesso Cunningham in un’intervista di presentazione del video
rilasciata alla rivista online Pixelsurgeon: «The bass
line in the track sounded like an elastic band to me and so I got
the idea of someone shapeshifting like a piece of chewing gum,
whilst raving. The title Rubber Johnny just seemed to fit
the character and shapeshifting idea really well».[4] In
questo caso si è di fronte a un processo in cui una
caratteristica del suono, la ‘gommosità’
probabilmente evocata dalla rapidità e dalla qualità
scalare dei movimenti melodici della linea di sintetizzatore,
è stata lo stimolo principale per il concept del
prodotto audiovisivo, arrivando al risultato di unire
indissolubilmente una caratteristica strutturale della musica a un
effetto di morphing visivo.
Dal convergere dei rapporti reciproci suono/immagine
e immagine/suono che si sono esposti nelle pagine precedenti si
può concludere che il minimo comune denominatore al quale si
possono ridurre questi processi sia l’idea del ritmo, a
diversi livelli:
–
macroformale, come ritmo della narrazione che regola la
successione delle sezioni costitutive del brano musicale e delle
corrispondenti sequenze audiovisive;
–
microformale, come ritmo del montaggio e degli effetti di
morphing, che seguono nelle loro variazioni i principali
eventi sonori;
– semantico,
come concretizzazione visiva degli eventi, soprattutto percussivi,
e degli effetti di modificazione del suono.
Infine, il ritmo trova un’ulteriore
rappresentazione associandosi ai movimenti del corpo del
protagonista nelle scene di ‘ballo’ presenti
all’interno dei due videoclip (Come to Daddy,
S13; Rubber Johnny, S3, S5). Alla
qualità principale della musica, che è fondata sul gioco
delle entrate di una serie molto nutrita di eventi ritmici, è
associato a livello visivo un modo di muoversi a tempo di musica
che è irreale, grottesco, interpretato da creature che non
sembrano avere più molto di umano. Tale caratterizzazione del
movimento a tempo di musica sembra allora essere un elemento
antifrastico: mentre si rappresenta il ballo in modo così
grottesco, il messaggio complessivo sembra comunicare, al
contrario, che quella che si sta ascoltando non è musica
funzionale a questo scopo. Al contrario questa musica presuppone un
diverso tipo di fruizione da parte del pubblico, al quale si
richiede attenzione nel cogliere le sottigliezze del trattamento
del suono e delle sovrapposizioni sempre cangianti dei
pattern ritmici.
Dalle considerazione precedenti il ritmo, come
concetto declinato secondo diversi punti di vista, emerge come
dimensione costitutiva e caratterizzante il linguaggio audiovisivo
di Come to Daddy e Rubber Johnny, in grado di
raccogliere sotto un comune denominatore le varie tipologie di
rapporti che si vengono a creare tra immagine e suono.
Si vuole concludere quest’esame delle
sinestesie audiovisive nei videoclip di Aphex Twin e Chris
Cunningham presentando alcune considerazioni riguardanti il loro
significato e la posizione che assumono all’interno del
genere di cui fanno parte. Entrambi sono due prodotti di rottura
rispetto al linguaggio ‘classico’ del videoclip,
di cui sembrano riconfigurare completamente le caratteristiche
fondamentali esposte nelle prime pagine, con il completo rifiuto di
alcune di esse e l’uso totalizzante delle altre:
1. Brevità: in
entrambi i videoclip la durata del brano musicale e del
prodotto audiovisivo non corrispondono, negando in questo modo la
centralità della canzone (la merce da promuovere) nella
costruzione del prodotto audiovisivo, che può anche estendersi
al di là degli originari confini temporali del pezzo
originale;
2. Carattere
promozionale: in entrambi gli esempi quello che dovrebbe essere
il protagonista indiscusso, cioè il musicista, è
trasformato in una creatura grottesca (Come to Daddy) oppure
è totalmente assente (Rubber Johnny). C’è
quindi un consapevole rifiuto delle strategie di fascinazione
più ovvie nei confronti del pubblico, che viene invece messo
di fronte a una sorta di specchio oscuro del proprio mondo e dei
propri ambienti quotidiani;
3. Linguaggio
sperimentale: è estremizzato al massimo grado, con
l’obiettivo di rompere le convenzioni dell’immagine
televisiva e cinematografica. Viene utilizzato un tipo di
espressione audiovisiva programmaticamente poco adatta al grande
pubblico, nutrita dalle suggestioni di generi come
l’horror o lo splatter;
4. Sinestesia: il
cui ruolo riguarda la dimensione sintattica non meno di quella
semantica, e ha una fondamentale importanza nel definire la
narrazione e i modi di trasmissione del significato.
Un tale tipo di linguaggio sembra utilizzare le
caratteristiche strutturali del videoclip per arrivare a un
diverso tipo di audiovisivo, mettendo tra parentesi le
caratteristiche più spiccatamente commerciali di questa forma
e calcando l’accento sugli elementi più legati alla
sperimentazione visiva, alla ricerca artistica. Tale operazione si
adatta perfettamente una citazione dal volume di Paolo Peverini
dedicato al videoclip, che mette in relazione questi
tentativi artistici presenti nel panorama audiovisivo con il
concetto di ‘avanguardia di massa’ di Walter Benjamin:
«Le nuove culture giovanili si definiscono progressivamente
come ‘avanguardia di massa’, dando vita a un complesso
processo di rielaborazione che mira a sincretizzare le istanze
provenienti dalla popular culture con gli stilemi e il
potenziale trasgressivo delle avanguardie storiche».[5]
Sitografia
(giugno 2008)
CHRIS CUNNINGHAM, Intervista a,
«Pixelsurgeon», s.d. http://www.pixelsurgeon.com/interviews/interview.php?id=181
—————, Intervista
a, a cura di Nicky Bidder, «Dazed and Confused», 70,
s.d. http://www.director-file.com/cunningham/pr13.html
Videografia
Warp Vision. The Videos 1989-2004, London,
Warp Records WARPD122X, 2004;
CHRIS CUNNINGHAM, Rubber Johnny, London, Warp
Records WF003DVD, 2005.
Discografia
APHEX TWIN, Come To Daddy, Warp Records
WAP094, 1997;
—————, Drukqs,
2CD, Warp Records WARPCD92, 2001.
Bibliografia
ALESSANDRO AMADUCCI – SIMONE ARCAGNI, Music
video, Torino, Kaplan, 2007;
MICHEL CHION, L’audiovisione. Suono e
immagine nel cinema, Torino, Lindau, 20012;
BRUNO DI MARINO, Clip. 20 anni di musica in video
(1981-2001), Roma, Castelvecchi, 2001;
DOMENICO LIGGERI, Musica per i nostri occhi.
Storie e segreti di videoclip, Milano, Bompiani, 2007;
PAOLO PEVERINI, Il videoclip. Strategie e figure
di una forma breve, Roma, Meltemi, 2004.
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