Intervista di Angela Romagnoli a Deda Cristina Colonna e Massimiliano Toni :: Philomusica on-line :: Rivista di musicologia dell'Università di Pavia

 

Contributo di Intervista di Angela Romagnoli a Deda Cristina Colonna e Massimiliano Toni; moderatore Arnold Jacobshagen

 

Arnold Jacobshagen

Introduco con vero piacere Deda Cristina Colonna e Massimiliano Toni. Deda Cristina Colonna è coreografa e ha coreografato le danze di numerose opere, tra i quali La Calisto di Cavalli, Armida di Gluck alla Scala di Milano e molte altre; insegna presso la Scuola Musicale di Milano. Massimiliano Toni, clavicembalista e direttore dell’ensemble «La Terza Pratica», è anche assistente di René Jacobs.

Angela Romagnoli

Sono veramente felicissima di avere qui Massimiliano e Deda, per vari motivi che taglio perché non abbiamo tempo; in realtà oggi riusciremo solo ad accennare ad alcune tematiche, che riprenderemo poi domani nella tavola rotonda. Li ho invitati sia per avere il loro contributo sul tema del convegno, sia perché hanno recentemente messo in scena a Novara un intermezzo di Hasse, La serva scaltra, e volevo proprio che loro ci raccontassero questa avventura dal punto di vista di chi mette in scena materialmente le opere (cosa che ci è mancata in questi giorni), dato che tutti noi abbiamo rilevato come anche questo aspetto sia importante per il nostro lavoro di editori di musica e di musicisti. Avere un occhio all’aspetto scenico della musica che editiamo è importante, quindi volevo chiedervi di raccontarci come si è svolta questa esperienza nell’ottica del nostro convegno. Come vi siete rapportati con il testo musicale con cui avete operato? Che rapporto avete avuto con Raffaele Mellace, che vi è stato accanto in questo lavoro?

Deda Cristina Colonna

Le prime condizioni per chi, come noi, lavora con l’opera sono quelle imposte dalla direzione artistica del teatro che commissiona uno spettacolo. Sottolineo: che commissiona uno spettacolo, quindi desidera un certo minutaggio, un certo prodotto che riesca ad andare incontro alle esigenze del pubblico di quella città e di quel teatro (possibilmente soddisfacendole); condizioni che a priori possono sembrare costrizioni. All’interno poi ci sono le condizioni che ci hanno consentito di scrivere un’equazione, soddisfacendo la quale abbiamo confezionato uno spettacolo. Sottintendo molte cose, con quello che ho detto. Ad esempio: spettacolo da parte nostra storicamente e filologicamente informato, e non ricostruzione, perché una ricostruzione di questo intermezzo (almeno per quello che riguarda la parte scenica) non è possibile, dato che non ci sono fonti che ne descrivano direttamente l’esecuzione, e anche perché soddisfare le esigenze della direzione artistica ci obbligava ad integrare il testo dell’intermezzo di Hasse con, per esempio, delle danze, con altra musica (sinfonie, un duetto supplementare alla fine), per raggiungere un certo minutaggio per lo spettacolo. In particolare abbiamo sfruttato la presenza dei personaggi muti (che hanno la funzione di aiutare la serva scaltra Dorilla ad attuare la burla che le consente di sposare Ballanzone, che si dichiara innamorato della di lei padrona, che non compare mai nell’intermezzo); noi abbiamo amplificato questi personaggi (che servono soltanto a dare una gran mano di botte a Ballanzone), decidendo di usare i ballerini del corpo di ballo del teatro. Con mia grande gioia, quindi, abbiamo potuto inserire danze nella terza parte dell’intermezzo, per farne uno spettacolo integro. Ovviamente non ignoriamo com’era la pratica scenica di questi intermezzi: è chiaro che si parte già con un presupposto non filologico, cioè invece di farli a sipario chiuso su una striscia di palcoscenico ci siamo trovati di fronte al grande quesito di come rappresentare un intermezzo su un palcoscenico aperto e di scegliere quale scenografia usare. In sostanza, abbiamo trasformato l’intermezzo in uno spettacolo completo.

Romagnoli

E queste aggiunte musicali?

Massimiliano Toni

Devo dire che mi sono appoggiato moltissimo a Raffaele Mellace, che ha scritto tra l’altro una bellissima monografia su Hasse. Abbiamo dovuto fare di questo lavoro breve una serata completa, e mancava la sinfonia: io l’ho ricavata intervenendo sulla sinfonia dell’Artaserse, che è dello stesso periodo (di un anno successiva all’esecuzione veneziana); era una sinfonia con le parti per gli oboi (che avevano parti diverse dai violini solamente nell’esposizione del tema, poi continuavano con il raddoppio solito). Confrontandomi con Raffaele e immaginando il suono di altre sinfonie di Hasse, e visto che non avevo gli oboi (il teatro non poteva permetterseli), ho affidato alla viola la parte dei secondi violini nella parte dei soli (con l’approvazione di Raffaele). Questo è un procedimento molto opinabile; mi sono basato molto sul suono che immaginavo nella partitura dell’Artaserse. Non per essere particolarmente pragmatici, ma secondo me è piuttosto importante considerare una cosa: è giusto un discorso musicologico, ma trattandosi di partiture di lavoro bisogna immaginare il suono (come nella partitura di Conti vista prima [durante il workshop]). Noi avevamo l’edizione di Gordana Lazarevich (1992); ovviamente il Teatro Coccia voleva spendere pochissimo e per la partitura d’uso ci hanno consigliato l’edizione Sonzogno, che però non era in una forma utilizzabile: la partitura era in tedesco e la parte di primo violoncello di continuo staccata senza il testo dei recitativi. Allora ho rifatto la parte del violoncello di continuo e le parti dei bassi, mentre le parti degli archi erano piuttosto corrette; originariamente la disposizione degli intermezzi prevedeva i primi due alla fine del primo e secondo atto del Tigrane, e il terzo all’interno del terzo atto (Mellace ci diceva che esistono ancora partiture manoscritte del Tigrane con gli intermezzi inseriti all’interno dell’opera); noi invece abbiamo accorpato i primi due intermezzi (prima parte dello spettacolo), mentre nella seconda parte (terzo intermezzo) compaiono i villani (da noi trasformati in ballerini) che picchiano Ballanzone; nel testo c’è un evidente continuo riferimento alle bastonate che prende Ballanzone e abbiamo pensato di sovrapporre a questo momento scenico una musica di Hasse che ritmicamente corrispondesse perfettamente alla Danza dei Bastoni, una danza di Thoinot Arbeau, per quattro danzatori con dei bastoni in mano. Abbiamo giustificato l’inserimento di una danza di Arbeau in un’opera di Hasse con l’asse italo-tedesco, guardando un trattato coevo di un maestro di danza italiano operante in Germania, Gregorio Lambranzi, la Nuova e curiosa scuola de' balli teatrali (Neue und Curieuse Thatralische Tantz-Schule, Nürnberg 1716)¸ che in realtà è una serie di incisioni.

[per esigenze organizzative, l’intervista si è interrotta a questo punto]

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[Bio] Arnold Jacobshagen Musicologo, ha studiato musicologia, storia e filosofia a Berlino, Vienna e Parigi. Dal 1997 al 2006 è stato ricercatore e docente presso il Forschungsinstitut für Musiktheater auf Schloss Thurnau; ha insegnato anche all’Università di Bayreuth. Dal 2006 è professore ordinario presso la Hochschule für Musik di Colonia. Fa parte del Meyerbeer-Institut e del comitato scientifico della MGG.

Deda Cristina Colonna Diplomata in danza e recitazione e laureata alla Sorbonne, dove è stata assistente alle cattedre di danza barocca e danza rinascimentale italiana. È stata solista e coreografa ospite della New York Baroque Dance Company. Ha curato la coreografia e la gestualità di numerose opere, soprattutto del Sei e Settecento, collaborando tra gli altri con Pier Luigi Pizzi, di cui è stata anche spesso assistente. Negli ultimi anni si è dedicata come regista-coreografa all’allestimento di molti inediti del periodo barocco.

Massimiliano Toni Massimiliano Toni si diploma in organo e composizione organistica al Conservatorio «S. Cecilia» di Roma e si perfeziona in basso continuo e prassi esecutiva alla Schola Cantorum Basiliensis. È stato assistente di Alessandro De Marchi, Alberto Zedda, Jesús López-Cobos. Attualmente è assistente di René Jacobs e ha recentemente iniziato la carriera di direttore d’orchestra. Dirige l’ensemble La Terza Prattica.

Angela Romagnoli Laureata in Musicologia, dottore di ricerca in Filologia musicale. Ha studiato flauto dolce e clarinetto classico presso la Civica Scuola di Musica di Milano. Dal 2001 è ricercatore presso la Facoltà di Musicologia dell’Università di Pavia-Cremona, dove insegna Storia della prassi esecutiva e Storia della musica barocca e classica. Ha promosso diverse prime esecuzioni in tempi moderni di opere, oratori e cantate del Sei-Settecento, tra cui La pazienza di Socrate con due mogli, I desiderij d’Echo e di Narcisso e lo Jephte di Antonio Draghi, La pace di Mercurio di Tommaso Traetta, Galantina e Pampalugo di Francesco Bartolomeo Conti.

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