Donatella
Salvaderi
Il Frammento padovano ms.
656: copista professionista o dilettante?
La carta 2r del ms. 656[1] presenta due brevi frammenti
musicali, uno notato nella parte superiore e compreso fra la
marginatura interna e la fine del margine esterno, e l’altro
collocato nella parte centrale. Quest’ultimo è
delimitato da due brevi linee verticali che, incontrandosi con la
linea superiore ed inferiore del rigo, creano un effetto di cornice
al breve frammento. Entrambi i pentagrammi si presentano con linee
incerte e sottili,[2]
tracciate evidentemente a mano
libera, com’è possibile notare dalla irregolarità
dei righi; anche la grafia delle note è imprecisa, e
semibreves e semiminime sono scritte con losanghe di
diverse dimensioni e dal contorno variabile. Tali caratteristiche
grafiche confermano l’estraneità del manoscritto al
resto del corpus dei frammenti padovani,[3] nei quali,
invece, la scrittura si distingue per eleganza e chiarezza.
Osservando le peculiarità grafiche del ms. 656
si è indotti ad ipotizzare che i due frammenti musicali alla
carta 2r non siano stati compilati da un amanuense di professione,
ma da un dilettante, che, improvvisandosi copista, li avrebbe
trascritti di fretta o addirittura forse di nascosto. Se fosse vera
tale supposizione, la stesura della carta non sarebbe da attribuire
allo scriptorium di S. Giustina ma ad altri ambienti del
monastero. Non è neppure da escludere la possibilità che
il frammento padovano sia stato compilato al di fuori del convento
benedettino, data la consuetudine, introdottasi nei primi decenni
del Quattrocento, fra le comunità monastiche, di scambiarsi
reciprocamente i volumi,[4] e che solo successivamente sia
stato restituito al monastero di S. Giustina,[5] dove fu
catalogato nel 1453.
I due frammenti
musicali
La carta 2r conserva due diverse versioni del
tenor della ballata Con Lagrime bagnandome el viso di
Ciconia; solo la prima delle due è corredata di testo
allineato alle note, mentre la seconda presenta esclusivamente la
notazione musicale.
Margaret Bent e Ann Allmarck,[6] che per prime
hanno studiato questa carta, hanno affermato che i due
tenores furono notati da un copista che li improvvisò
basandosi esclusivamente sulla propria memoria. L’assenza
dell’antigrafo nel luogo in cui si trovava lo scriba,
giustificherebbe la presenza delle diverse versioni del
tenor; infatti se l’amanuense avesse avuto a sua
disposizione un testimone da copiare, avrebbe in primo luogo potuto
apportare alla carta 2r le dovute correzioni, che invece non ci
sono, ed inoltre avrebbe potuto fornire una versione della voce
inferiore senza improvvisarne una seconda.
Nell’esempio 1,[7] in cui sono
state sovrapposte le trascrizioni dei due frammenti musicali, si
nota che i tenores concordano solo per le prime cinque
battute, mentre per il resto del componimento differiscono sia
melodicamente che ritmicamente,[8] tanto da far pensare a due
differenti voci. Quindi, non è neppure da escludere la
possibilità che il copista abbia volontariamente scritto
differenti versioni, e precisamente quella superiore appellandosi
al proprio ricordo del tenor della ballata di Ciconia, e
quella inferiore con l’intento di proporre un secondo
tenor, da eseguire in sostituzione del primo o come voce
aggiunta.
Ma quale fu la prima
voce notata?
Dal confronto dei due frammenti musicali del ms. 656
con gli altri testimoni (cfr. esempio 2) si riconoscono gli spunti
melodici che ricorrono tra il primo tenor padovano e la
corrispondente voce in Pit e Manc.[9] Anche nel secondo tenor
è chiara la corrispondenza col tenor della ballata,
benché con varianti melodiche e con una diversa veste ritmica.
Ciò sembrerebbe confermare l’ipotesi che il frammento
inferiore sia stato il primo schizzo notato. Quindi il copista,
basandosi sul ricordo e forse dopo aver avuto l’occasione di
rileggere la musica in altro antigrafo, avrebbe compilato il
secondo frammento, che presenta maggiore accordo con le lezioni
degli altri testimoni. Per meglio illustrare quanto appena
affermato, nell’esempio 3 sono state trascritte in
parallelo le sezioni musicali comuni tra il tenor padovano e
quello degli altri testimoni. Nella mente del copista possono
essersi intrecciate sia componenti visive sia forse esperienze di
ascolto. Infatti, elementi come la corretta distribuzione del testo
al di sotto delle note e la collocazione della chiave di do sulla
terza linea, documentati anche dagli altri testimoni, possono
attestare la memoria visiva di un antigrafo, mentre altri, come la
trasposizione di alcune sezioni della melodia a differenti livelli
tonali (batt. 5, 13-14), l’introduzione di nuovi suoni (batt.
6-7, 9-12,[10]
etc.) e di una nuova veste
ritmica (batt.152, 18-20, 25-29, 302)
potrebbero dipendere dalla contaminazione con una tradizione di
memoria.
|
[1] PD656 Padova,
Biblioteca Universitaria, ms. 656.
[2] PD 656 è
l’unico dei "frammenti padovani" che presenta i righi
musicali neri.
[3] Cfr.
Giulio Cattin,
Ricerche sulla musica a S. Giustina di Padova all’inizio
del I Quattrocento, Il copista Rolando da Casale. Nuovi frammenti
musicali nell’archivio di Stato, «Annales
Musicologiques», VII, 1964-77, p. 28.
[4] Per impedire
la dispersione del patrimonio bibliografico nel 1434 fu prescritto
che tutti i libri entrati in possesso dei monasteri della
Congregazione venissero inventariati e assegnati a uso delle
singole case monastiche. cfr. Giovanna Cantoni Alzati, La
biblioteca di S. Giustina di Padova. Libri e cultura presso i
benedettini padovani in età umanistica, Padova, Antenore,
1982, pp. 6-7.
[5] La didascalia
"Iste liber est monachorum congregationis Sancte Justine de
Padua sive Unitatis monastero. Sancte Justine de padua
deputatus" sulla carta 2r testimonia l’appartenenza del
ms. 656 al monastero di S. Giustina.
[6] Cfr.
Kurt von Fischer,
The works of Johannes Ciconia, Monaco, L’Oiseau-Lyre,
1985 (Polyphonic Music of Fourteenth Century, XXIV), p. 210.
[7] Gli esempi
musicali sono stati da me trascritti.
[8] Nessuna delle
due voci è documentata interamente negli altri testimoni.
[9] Pit: Paris,
Biblioteque Nationale, ms. Fondo Ital. 568.
Manc: Lucca, Archivio di stato, ms.
184 (codice Mancini).
[10] La
trascrizione in notazione moderna del ms. 656 presenta due battute
in più rispetto a quella degli altri testimoni.
|