Recensione a cura di Pietro
Zappalà
Catalogue of Early Music Prints from
the Collections of the Former Preußische Staatsbibliothek in
Berlin, Kept at the Jagiellonian Library = Katalog
starodruków muzycznych ze zbiorów bylej Pruskiej
Biblioteki Panstwowej w Berline, przechowywanych w Bibliotece
Jagiellonskiej w Krakowie, edited by = opracowala Aleksandra
Patalas, Musica Iagellonica, Kraków, 1999
Redatto nel corso degli anni Novanta, è
comparso finalmente a metà del 2000 (nonostante la data
ufficiale di stampa sia il 1999) il catalogo delle stampe musicali
già possedute dalla Preußische Staatsbibliothek di
Berlino – ossia la biblioteca più importante della
Germania fino alla seconda guerra mondiale – ed ora in
deposito presso la Biblioteka Jagiellonska di Cracovia. Le
vicissitudini occorse all’ingente patrimonio della biblioteca
tedesca, negli anni finali della guerra e in quelli immediatamente
successivi, sono un dato ormai acquisito dal mondo musicologico.
È noto, infatti, come i responsabili della biblioteca
berlinese, avvicinandosi il momento della capitolazione finale,
avessero decentrato la parte più importante dei fondi di
manoscritti e di stampe in numerose biblioteche dislocate in punti
periferici del Reich, allo scopo di preservare un materiale
di tale rilevanza dai bombardamenti. Sono stati abbastanza
puntualmente ricostruiti i movimenti di tale materiale nel
dopoguerra,[1] con il ritorno a Berlino di buona parte di
quanto si era disperso. Ma il rientro di questo materiale pativa
già uno degli effetti della guerra: la divisione della
città in due parti e la conseguente scissione in due sedi
della precedente Preußische Staatsbibliothek: nella Deutsche
Staatsbibliothek confluirono i materiali che alla fine della guerra
si trovavano nelle biblioteche della nuova Repubblica Democratica
Tedesca, nella Staatsbibliothek Preußischer Kulturbesitz
invece quanto era rimasto sul suolo della nuova Repubblica Federale
Tedesca.[2] Non tutto il materiale precedentemente
posseduto dalla Preußische Staatsbibliothek fece ritorno:
parte di esso non fu più rintracciato e venne creduto
genericamente disperso per eventi bellici. Alla fine degli anni
’70, tuttavia, in ambienti bibliotecari cominciò a
circolare la voce che tale materiale fosse da ricercare nei
depositi della biblioteca di Cracovia e in breve questa notizia
ebbe riscontri sempre più puntuali, fino ad essere del tutto
confermata. Non è quindi una novità: da oltre venti anni
è stata finalmente localizzata una cospicua parte del disperso
patrimonio berlinese,[3] patrimonio che era stato ampiamente
segnalato e studiato prima della seconda guerra mondiale e la cui
scomparsa aveva creato disappunto in non pochi studiosi.
Considerata però l’importanza e la ricchezza del fondo
rintracciato a Cracovia, ben si comprende come ancora oggi ci sia
chi sembra riscoprirlo con inedito entusiasmo, quasi che ogni volta
si verificasse la prima scoperta di oltre venti anni or
sono.[4] Tuttavia ci sono due aspetti che destano
una certa curiosità: da un lato la constatazione che il
maggiore interesse verso questo fondo sembra si sia limitato
prevalentemente ai manoscritti dei grandi compositori tedeschi del
Barocco, del Classicismo e del Romanticismo, dall’altro che
la comunità internazionale non abbia sentito l’urgenza
di una ricatalogazione puntuale di un fondo così importante, o
perlomeno non ne abbia sostenuto con vigore l’iniziativa. A
corredo di questa seconda riflessione bisogna però rammentare
come il materiale ora a Cracovia costituisca in certo qual modo un
motivo di imbarazzo nelle relazioni bilaterali fra Germania e
Polonia: la prima nazione rivendica la proprietà dei
materiali, la seconda forse non vuol cedere facilmente un
patrimonio che potrebbe anche configurarsi come parziale
risarcimento per le tragiche vicende belliche. L’opera di
puntuale censimento di tutti i materiali ex berlinesi, pertanto,
non può non risollevare anche il problema della collocazione
giuridicamente corretta di essi.
In questo quadro caratterizzato da complesse
stratificazioni storiche si inserisce il catalogo che ci accingiamo
a presentare. Ma prima di addentrarci nella sua disamina, occorre
precisare subito che esso non esaurisce certo tutta
l’articolata ricchezza del fondo, giacché non ne prende
in considerazione i manoscritti, e anche le stampe musicali sono
catalogate solo in parte: come afferma la curatrice nella
presentazione, infatti, la loro catalogazione è limitata a
quelle datate fino all’inizio del secolo XVIII, evitando le
altre probabilmente per non moltiplicare a dismisura il lavoro. Il
catalogo, inoltre, è concepito come strumento per una prima
diffusione di una miriade di informazioni tanto più valide in
quanto in misura considerevole legate ad edizioni non presenti in
altri cataloghi o bibliografie relative a questo repertorio. Questa
precisazione sottintende una implicita giustificazione per
eventuali manchevolezze del processo di catalogazione, dovute alla
mole del materiale considerato, alla sua eterogeneità e, non
ultimo, alle difficoltà logistiche di varia natura affrontate
nella redazione pluriennale del catalogo.
La parte predominante della pubblicazione, che si apre con una
succinta introduzione (in inglese e in polacco) seguita da una
lista di abbreviazioni, è formata da circa[5] 2600 schede
descrittive contraddistinte da una numerazione continua. Esse sono
suddivise in quattro grandi sezioni:
-
pubblicazioni monografiche (denominate
Composer’s collections), che impegnano la maggior
parte del catalogo: oltre 2222 schede (numeri 1-2222, con alcune
schede interpolate) disposte in ordine alfabetico per autore. In
questa sezione sono talora incluse anche pubblicazioni che, pur
sembrando nel titolo monografie attribuibili ad un unico autore,
sono in realtà delle antologie, in quanto ospitano anche una o
poche opere di un secondo autore:[6] tali pubblicazioni
sono poi richiamate anche nella sezione dedicata alle antologie (si
veda oltre);
-
pubblicazioni anonime (Anonymous compositions), con
sole 59 pubblicazioni (numeri 2223-2281) in ordine alfabetico per
titolo. È compresa in questa sezione anche una serie di libri
liturgici che non trovano invece ospitalità nel censimento del
RISM;
-
Pubblicazioni
antologiche (Anthologies), con 276 pubblicazioni (numeri
2282-2557) comprese fra il 1507 e il 1709 in ordine cronologico di
apparizione. In questa sezione vengono richiamate (con il solo
numero di riferimento alla scheda relativa) le pubblicazioni
essenzialmente monografiche che ospitano in minima parte anche
lavori altrui, già compiutamente schedate nella prima
sezione.
-
pubblicazioni di Kirchenlieder tedeschi (German
Hymn Books), un raggruppamento più esiguo con sole 34
pubblicazioni (numeri 2558-2591) comprese fra il 1530 e il 1700,
anch’esse in ordine cronologico di apparizione.
La
pubblicazione si conclude con un unico indice finale, che –
seppur non dichiarato come tale – raccoglie solo i nomi dei
compositori rappresentati nel catalogo stesso.
Le
singole schede descrittive presentano, oltre all’eventuale
intestazione all’autore o all’anno di edizione:
-
la
segnatura dell’esemplare, che è rimasta la stessa a suo
tempo assegnata dalla Preußische Bibliothek e, come tale,
riscontrabile negli schedari cartacei dell’attuale erede
della biblioteca tedesca e negli studi musicologici che ad essa
facciano riferimento;
-
la
trascrizione diplomatica del frontespizio nella sua completezza,
con la differenziazione di maiuscole e minuscole e
l’indicazione delle singole righe, separate l’una
dall’altra da una barra verticale;
-
le
note tipografiche, con nomi e date in forme normalizzate e
graficamente ben distinte dalla trascrizione del frontespizio,
mediante l’impiego del corsivo.
A questa parte principale della scheda seguono, in
carattere di corpo minore:
-
un accenno di collazione: sono riportati i nomi
originali dei singoli fascicoli costituenti la pubblicazione
(qualora essa non sia apparsa in una sola unità fisica), ma
non le dimensioni e la paginazione. Non sono registrate neppure
eventuali prefazioni o dediche, né viene data indicazione del
tipo di notazione presente nell’edizione descritta;
-
il riferimento bibliografico ai volumi del
RISM di volta in volta pertinenti (fra A/I, B/I e B/VIII) e al
Quellenlexikon di Eitner, ma non ad altri repertori
bibliografici o cataloghi;[7]
-
le note, che registrano informazioni sulla
conservazione dell’esemplare catalogato, sulla sua
consistenza (completezza o meno), sulla provenienza (limitatamente
agli ex libris o a simili note di possesso presenti
sull’esemplare) e sulla sua condizione di unicum (ma
limitatamente a quanto riscontrato, o meno, nei volumi del RISM).
Nel caso di pubblicazioni anche solo minimamente antologiche, sono
registrati i nomi dei compositori inclusi nella raccolta e il
numero delle composizioni a loro attribuite.
Così come è articolato nelle sue quattro
parti, il catalogo presenta le edizioni musicali in analogia a tre
serie del RISM: le prime due sezioni (edizioni monografiche ed
anonime) trovano un pendant nella serie A/I, la terza
sezione (antologie) nella serie B/I e la quarta
(Kirchenlieder tedeschi) nella serie B/VIII.
Di molti volumi del RISM, e soprattutto della serie
A/I, si ripresentano in questo catalogo alcuni limiti. Già
nella scelta delle intestazioni c’è una evidente (e
dichiarata) analogia. Il problema delle intestazioni ai nomi degli
autori può sembrare apparentemente irrilevante, o comunque di
piccola portata; è invece spesso una questione assai spinosa,
come dimostra l’intenso dibattito svolto sull’argomento
in ambito catalografico, che si riassume nella necessità di
sviluppare e di mantenere un buon authority file dei nomi
d’autore. Per la serie A/II il RISM ha creato appunto una
siffatta lista di nomi,[8] ma nelle
pubblicazioni apparse in precedenza sono state impiegate spesso
forme di intestazione che hanno attirato le critiche di attenti
bibliografi.[9] La curatrice del catalogo ha operato la
consapevole scelta di mantenere le stesse intestazioni proposte dal
RISM e, in loro mancanza, ha optato per le forme presenti
nell’Eitner: solo nel caso di opere non documentate né
nel RISM né in Eitner, essa ha provveduto a formulare
intestazioni nuove. È verosimile ritenere che la Patalas abbia
preferito allinearsi alle forme usate dal RISM proprio per
sottolineare come il suo catalogo vada inteso quale contributo
integrativo del ben più ampio repertorio internazionale:
potrebbe cioè aver mantenuto le stesse intestazioni per
comodità del lettore che volesse compiere una lettura
comparativa dei due strumenti (analogo discorso valga per le forme
ricavate dall’Eitner).[10] E tuttavia si
sarebbe potuto offrire in questo catalogo forme di intestazione
più corrette, magari mantenendo anche le forme presenti sul
RISM e corredandole di un opportuno rimando da queste a quelle:
tale soluzione avrebbe certo comportato un impegno in più per
la curatrice, ma al tempo stesso avrebbe consentito la
possibilità di accogliere i frutti della ricerca musicologica
degli ultimi trent’anni ed insieme avrebbe garantito una
procedura di intestazione più corretta dal punto di vista
metodologico, realizzando un minimo di quella struttura sindetica
che sta alla base di un authority file ben
impostato.[11]
Anche nelle descrizioni degli esemplari si osserva
un’altra caratteristica mutuata dal RISM: la mancanza di un
elenco dettagliato delle singole composizioni (utile
particolarmente nel caso di edizioni miscellanee) e l’assenza
dei capoversi (nel caso di opere vocali). Tali limiti sono
assolutamente giustificabili qualora si consideri che il catalogo,
se compilato con tanta dovizia di informazioni, avrebbe richiesto
un investimento in termini di tempo (per la preparazione) e di
denaro (per la pubblicazione) ben superiore alle risorse
disponibili alla curatrice: nella sua veste attuale il catalogo
è già l’imponente frutto del lavoro svolto da una
persona sola, cui non si poteva richiedere un compito così
ampio quale non è stato svolto neanche da una organizzazione
internazionale che si avvale di redazioni nazionali (ma dalla quale
forse ce lo si sarebbe potuti aspettare).
La successione delle singole schede descrittive
all’interno di una medesima intestazione d’autore
obbedisce ad un principio rigoroso: la pura sequenza cronologica
delle edizioni. La scelta della curatrice ha l’indubbio
vantaggio di proporre un criterio uniforme per tutto il catalogo,
laddove invece il RISM adotta criteri mutevoli, dipendenti di volta
in volta dagli autori trattati. Occorre però rilevare come
l’ossequio della rigorosa disposizione cronologica delle
edizioni comporti anche un effetto controproducente: le riedizioni
di una medesima opera non sono descritte subito dopo la prima
edizione di essa, ma vengono disperse secondo l’anno della
loro comparsa in mezzo a edizioni di altre opere. Il problema
è pressoché irrilevante quando ciò accada in un
autore rappresentato da poche edizioni, ma diventa incisivo per
compositori riccamente presenti nel fondo berlinese e, ancor di
più, per le antologie.[12]
Ben più limitativa appare un’altra
caratteristica affine ad alcune serie del RISM: l’assenza
cioè di un congruo apparato di indici, alcuni dei quali
particolarmente preziosi per la ricerca musicologica. La lacuna
più vistosa è determinata dalla mancanza
dell’indice dei titoli. Tale indice, in generale di indubbia
utilità, risulta assolutamente imprescindibile quando si debba
lavorare con edizioni antologiche: come s’è detto,
infatti, esse sono elencate nel catalogo solo in ordine cronologico
di pubblicazione e non vi è la possibilità di accedere ad
esse per altra via. Il problema si acuisce se si tiene conto che la
nuova edizione di una antologia viene segnalata sotto
l’effettivo anno di pubblicazione, senza opportuni rimandi
alla sua prima edizione, rimandi che – da un punto di vista
di principio – sarebbero ingiustificati, essendo questo un
catalogo di materiali posseduti e non una bibliografia astratta
delle edizioni esistite in assoluto. Ciononostante si può
verificare il caso di una antologia presente nel fondo berlinese in
una riedizione altrimenti non nota: essa non è reperibile per
anno di edizione (perché nel RISM o in altri repertori o
bibliografie gli anni associati all’ipotetica edizione sono
diversi), né per titolo, perché appunto manca un siffatto
indice che avrebbe aiutato a localizzare ugualmente la
pubblicazione cercata.[13] Parimenti la
mancanza dell’indice degli editori e degli stampatori riduce
la possibilità di sfruttare appieno il catalogo: ma lo stesso
problema si avverte, e in misura molto più elevata, nella
serie A/I del RISM. Di indubbia utilità sarebbe stato
certamente un indice dei nomi che avesse accolto (magari
separatamente) anche i possessori degli esemplari o i nomi dei
personaggi citati nei frontespizi (soprattutto, ma non solo, i
dedicatari) o nelle note delle schede descrittive.
Alla curatrice del catalogo bisogna però
ascrivere anche alcuni meriti particolari. Innanzitutto giova
ricordare la completezza della trascrizione dei frontespizi: come
è noto, essi spesso contengono informazioni di assoluta
rilevanza per la ricostruzione biografica della carriera del
compositore o per una corretta collocazione della sua opera,
mediante il frequente riferimento a persone o avvenimenti che
aiutano a contestualizzare l’edizione.[14] Lo stesso
scrupolo di completezza ha spinto la curatrice ad elencare i nomi
dei compositori presenti nelle edizioni antologiche, specificando
anche il numero delle composizioni loro attribuite e – in
questo andando ben oltre la serie B/I del RISM – indicizzando
tutti i nomi dei compositori: ne consegue che, a partire dagli
indici dei nomi, è possibile avere un quadro completo delle
composizioni musicali di ciascun autore presente tanto nelle
monografie quanto nelle antologie.
L’interesse maggiore del catalogo, tuttavia,
è suscitato dalla segnalazione di un elevato numero di
esemplari a stampa non rintracciabili in altre biblioteche. La
curatrice del catalogo indica in calce ad ogni scheda se
l’esemplare descritto sia un unicum, rapportando tale
definizione a quanto risulta censito dal RISM, e distingue caso per
caso se si tratti di:
-
opera del tutto ignota;
-
opera già nota e localizzata in altre
biblioteche, ma in edizioni diverse;
-
opera già nota e localizzata in altre
biblioteche, ma con lacuna di una o più parti che invece sono
presenti a Cracovia.
Come tali, il catalogo conta ben 573 unica,
che rappresentano oltre il 22% di tutti gli esemplari catalogati.
Di essi, 371 sono edizioni del tutto assenti nel RISM (quasi il 65%
degli unica; di questi ben 74 non sono segnalati nemmeno
dall’Eitner), 52 sono pubblicazioni presenti nel Rism, ma in
edizione diversa (il 9% degli unica), mentre 150 sono le
pubblicazioni le cui parti presenti a Cracovia integrano (ma non
sempre in maniera completa) edizioni segnalate come lacunose nel
RISM (il 26% degli unica).
I numeri sopra riportati sono particolarmente
interessanti e danno la misura dell’importanza del fondo
berlinese ora a Cracovia e, quindi, del catalogo in esame. Occorre
però ridimensionare in parte questi risultati. La curatrice,
infatti, nella sua opera di controllo e di identificazione degli
unica prende in considerazione solo i primi 9 volumi della
serie A/I del RISM, oltre ovviamente ai volumi delle serie B/I e
B/VIII: mancano così i riscontri con i volumi 11-14 di
Addenda et Corrigenda che, riportando numerose integrazioni
o correzioni ai nove volumi della serie principale, tolgono a
numerose edizioni catalogate dalla Patalas la condizione di
unica.
Manca altresì nel catalogo il riferimento ad
altri repertori, a cataloghi o a contributi musicologici che, in un
modo o nell’altro, denunciano l’esistenza di esemplari
che in questo catalogo sono contrassegnati come unica. Ma
mentre la lacuna nel controllo dei volumi di Addenda et
Corrigenda del RISM A/I sembra abbastanza improvvida,[15]
è assai più comprensibile che la curatrice abbia omesso
il controllo sistematico di tutta la letteratura che è fiorita
a corredo (e correzione) delle massicce, ma pur sempre imprecise
segnalazioni del RISM.[16] Il recensore ha
condotto una simile indagine, ovviamente a livello di puro
campionamento. Comparando i dati offerti dal catalogo con le
informazioni desunte da altri repertori,[17] ne è derivata
una ulteriore riduzione del numero effettivo di
unica.[18] L’aspettativa del lettore comunque
non va delusa perché, nonostante le necessarie decurtazioni,
rimane elevata la somma di esemplari che non trovano riscontro in
altre biblioteche al mondo. Anzi, si verifica anche il fenomeno
contrario a quello sopra descritto, in quanto la curatrice del
catalogo non sempre ha identificato come unica esemplari
che, sulla base delle sue stesse premesse (il confronto con il
RISM) e probabilmente anche in assoluto, lo sono a tutti gli
effetti. Senza pretese di completezza, bisogna reintegrare fra gli
unica (parziali o totali) almeno le seguenti schede: 429,
629, 633, 1366 (Tarquinio Merula, Tarquinio e Corisca,
Venezia, Vincenti, 1626; si tratta di unicum solo in parte,
in quanto un esemplare è noto, ma è difettoso), 1506
(Giovanni Pierluigi da Palestrina, Il primo libro de madrigali a
quattro voci, Venezia, Gardano, 1594), 1683, 1684 (Cipriano de
Rore, Il primo libro de madrigali a quatro voci, Ferrara, de
Buglhat-Hucher, 1550), 1897, 1974, 2063.
In verità non tutti questi unica sono
segnalati per la prima volta in questo catalogo: alcune delle
stampe presenti a Cracovia erano già state censite, in ampie
selezioni o in singoli esemplari, in precedenti pubblicazioni. Fra
tutte, la più importante è senz’altro il contributo
di Brian Mann, From Berlin to Cracow: sixteenth- and
seventeenth-century prints of Italian secular vocal music in the
Jagiellonian Library, «Notes», 49/1 (Sept. 1992), p.
11-27, il quale in appendice all’articolo elenca appunto gli
unica, limitatamente all’ambito circoscritto nel
titolo. La comparazione fra i dati offerti da Mann e il catalogo
Patalas porta a riscontrare alcune discrepanze, la cui
responsabilità è di difficile attribuzione: lo studioso
sembra assai scrupoloso nel redigere le sue schede informative, ma
la curatrice del catalogo ha certo avuto l’opportunità
di esaminare il materiale con maggior agio.[19]
Riassumendo, secondo una prima valutazione,
certamente non definitiva ma comunque sufficientemente indicativa,
il catalogo della Patalas riporta all’incirca 550
unica:
-
una settantina di edizioni mancano tanto nel RISM
quanto nell’Eitner. A parte quanto già segnalato da
altri repertori,[20] sono da evidenziare in particolare le
schede 130 (Giovanni Matteo Asola, Completorium romanum
beataeque Virginis laudes ..., Venezia, Ricciardo Amadino,
1599), 156 (Adriano Banchieri, Secondi nuovi pensieri
ecclesiastici ..., Milano, eredi di Simon Tini & Filippo
Lomazzo, 1611), 1328 (Tiburzio Massaino, Hymni totius anni ...
quatuor vocibus concinendi, Venezia, Angelo Gardano, 1599),
1390 (Francesco Milleville, Il quinto libro delli motetti a due,
tre, quattro, & cinque voci, Venezia, Alessandro Vincenti,
1627), 1394 (Antonio Mogavero, Missarum cum quinque vocibus ...
liber primus, Venezia, Giacomo Vincenti, 1604), oltre a quattro
antologie (2338, 2339, 2380, 2514) e alle edizioni di una fitta
schiera di musicisti di origine prevalentemente tedesca;[21]
-
quasi 270 pubblicazioni, presenti nell’Eitner,
mancano all’appello del RISM. Oltre a quelle già rese
note in altre sedi,[22] giova segnalare le schede 91 (Felice
Anerio, Canzonette a quatro voci, Antwerpen, Pierre
Phalèse, 1610), 764 (Giovanni Gabrieli e Hans Leo Has(s)ler,
Honori et Amori Georgii Gruberi ..., Nürnberg, Paul
Kauffmann, 1600, 780 (Antonio Gardano, Libro primo [de
canzoni francese?] a due voci, Firenze, Landini, 1635), 867
(Nicolas Gombert, … cum quinque vocibus liber primus
[sic!], Venezia, Girolamo Scotto, 1550), 1888 (Heinrich
Schütz, Klaglicher Abschied von der Churfürstlichen
Brufft zu Freybergk ..., Freiberg, Georg Hoffmann, 1623). Ad
esse vanno aggiunte due antologie di intavolature del Petrucci,
finora conservate solo in copia fotografica alla Bibliothèque
Nationale di Parigi: Intabulatura de lauto libro primo e
libro secondo, Venezia, Ottaviano Petrucci, 1507 (schede
2282 e 2283, RISM B/I 1507/5 e 1507/6 rispettivamente). Il fondo
berlinese conserva altresì un congruo numero di unica
di importanti autori tedeschi, come Johann Dilliger (10 edizioni),
Melchior Franck (8), Valentin Haussmann (8), Johann Andreas Herbst
(2), Johann Erasmus Kindermann (3), Johann Philipp Krieger (4),
Michael Praetorius (2) e Johann Hermann Schein, del quale si
contano ben 47 edizioni altrimenti sconosciute. Ed infine ancora
una ricca serie di autori, prevalentemente italiani e
tedeschi;[23]
-
oltre una quarantina di pubblicazioni sono presenti
anche nel RISM, ma in diversa edizione: si tratta di opere di
Martin Agricola, Giovanni Matteo Asola (6 edizioni), Antoine
Boesset, Sebastiano Cherici, Antonio Cifra (3 ed.), Giovanni
Giacomo Gastoldi, Johann Ghro [o Groh], Claude Goudimel (4 ed.),
Michelangelo Grancino, Alessandro Grandi [I], Heinrich Grimm, Adam
Gumpelzheimer (2 ed.), Johann Erasmus Kindermann, Claudio Merulo,
Pietro Millioni, Cristobal de Morales, Giovanni Domenico Del
Giovane da Nola, Paolo Aretino, Bernhard Rauchenstein, Raffaello
Rontani, Johann Hermann Schein, Benedict Schultheiss, Erasmus
Widmann, oltre a 6 antologie e a un volume di Kirchenlieder
tedeschi. Solo un’esigua parte di queste stampe musicali
risulta segnalata come conservata a Cracovia in precedenti
pubblicazioni;
-
quasi 160 esemplari, infine, integrano edizioni che
sono segnalate dal RISM come lacunose.[24]
Dal calcolo numerico di unica è esclusa
a priori una intera categoria, quella dei libri liturgici:
non avendo essi un riscontro nella catalogazione del RISM, la
curatrice del catalogo non si è sbilanciata a valutarne
l’unicità, o meno, di esistenza. Anche questo settore,
tuttavia, presenta documenti di spiccato interesse: alcune di
queste edizioni non sono censite nella base dati Relics
(Renaissance Liturgical Imprints Census, base dati creata e gestita
dalla University of Michigan, consultabile all’URL http://www-personal.umich.edu/~davidcr/index.html),
che mira a descrivere tutti i libri liturgici editi fino al
1601.[25]
Nonostante alcune ingenuità e alcuni limiti,
talvolta anche vistosi, il catalogo delle stampe berlinesi ora a
Cracovia è di innegabile e rilevante utilità per gli
studiosi dei repertori musicali del Cinque e Seicento. Ma lo stesso
catalogo è estremamente importante anche come segnale:
segnale, cioè, della progressiva riduzione delle distanze
ingenerate – in campo musicologico come effetto collaterale
– dalla “guerra fredda” e segnale di un rinnovato
recupero ed interesse per le biblioteche dell’Est europeo,
con i loro ricchi depositi per ora ancora scarsamente accessibili.
Sorprese come quelle riservate da vent’anni in qua dalla
Biblioteka Jagiellonska potrebbero ripetersi se potessimo avere
simili cataloghi delle maggiori biblioteche presenti sul suolo
della ex Unione Sovietica: c’è da auspicarsi, quindi,
che la comparsa di questo catalogo sia solo l’inizio di una
ricca serie. Ma pur rimanendo a Cracovia, ora ci aspettiamo altre
grandi e meritorie imprese: la prosecuzione della catalogazione con
le stampe berlinesi di musica sette e ottocentesca, e l’ancor
più ambizioso progetto di catalogazione del fondo dei
manoscritti. Il catalogo di Cracovia, con la somma delle sue
novità e delle sue imprecisioni, ci spinge ad un’ultima
riflessione e ad un impegnativo desideratum: da un lato la
consapevolezza dei limiti, emersi ormai a più riprese, delle
serie A/I, B/I e B/II del RISM, dall’altro la speranza di un
loro integrale rifacimento su basi informatiche,[26] in modo da
sfruttare le risorse della moderna tecnologia per ovviare alle
insufficienze della precedente iniziativa editoriale e consentire
l’aggiornamento costante delle informazioni e
l’allargamento delle stesse ad elementi descrittivi, formali
e contenutistici finora trascurati.
PIETRO ZAPPALÀ
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________________________
[1] PETER JAMES PALMER
WHITEHEAD, The lost Berlin manuscripts, «Notes» 33
(1976), pp. 7-15; ID. , The
Berlin manuscripts Recovered, «Notes» 36 (1980), pp.
773-776; WILLIAM M. MCCLELLAN, The curtain comes down on the
lost Berlin manuscripts, «Notes» 37 (1980), pp.
309-310.
[2] A seguito della
riunificazione della Germania si è avuta anche la
riunificazione delle due biblioteche nella moderna Staatsbibliothek
zu Berlin – Preussischer Kulturbesitz, che quindi riassume il
ruolo e l’importanza che ebbe a suo tempo la Preußische
Staatsbibliothek.
[3] Estremamente
rappresentativa dell’importanza del fondo, anche limitandosi
ai soli manoscritti, è la gran mole di autografi di autori
come Bach (numerose cantate), Mozart (Così fan tutte,
Le nozze di Figaro, la sinfonia Jupiter), Beethoven
(la Grosse Fuge, le sinfonie n. 7, 8 e 9), Mendelssohn (il
Concerto per violino, il Sogno di una notte di mezza
estate), oltre a manoscritti di Haydn, Schubert, Schumann,
Brahms, Bruckner, solo per menzionare i maggiori. Ma il dato
più rilevante, perché essenzialmente inedito, è che
non tutto il materiale che risultava disperso è rintracciabile
a Cracovia: parte di esso manca ancora all’appello, e tutto
lascia prevedere che si trovi in biblioteche situate ancora
più a Est.
[4] Si veda ad esempio la
prefazione a FELIX MENDELSSOHN BARTHOLDY, Mendelssohn's Concerto
for Violin and Orchestra in E Minor, op. 64: a Facsimile,
foreword by H. C. Robbins Landon; introduction by Luigi Alberto
Bianchi and Franco Sciannameo, New York-London,
Garland, 1991 (Music in Facsimile, 4).
[5] La numerazione delle
schede arriva a 2591, ma a causa dell’interpolazione di
alcune schede con numerazione ripetuta e seguita da una lettera
alfabetica diacritica, il numero reale è superiore di qualche
unità.
[6] Contrariamente a
quanto avviene in simili casi nella serie A/I del RISM, in queste
antologie viene segnalato il nome degli altri compositori coinvolti
(debitamente riportati nell’indice finale), con il numero
delle composizioni a loro attribuite nella pubblicazione. In questa
sezione vanno segnalati anche alcuni “intrusi”. Come
tali, probabilmente, vanno registrate almeno le schede 212, 213 e
214: si tratta di tre volumi di salmi in versione francese, nella
traduzione di Théodore de Bèze e Clément Marot, cui
le schede figurano intestate. Esse avrebbero dovuto figurare, in
realtà, nella successiva sezione delle pubblicazioni anonime
(o in quella delle antologie, se ci fosse l’elenco dei
compositori, quale però non appare dalla scheda
catalografica).
[7] Non si fa riferimento,
invece, alla Bibliographie der Musiksammelwerke di Eitner,
che nella descrizione delle antologie è per molti aspetti
ancora uno strumento insuperato.
[8] La lista, denominata
«Compositori della serie A/II» (e parallele forme nelle
lingue straniere), costituisce un complemento della serie A/II del
RISM e viene distribuita nel medesimo CD-Rom che contiene i dati
catalografici relativi ai manoscritti.
[9] Basti menzionare il
dibattito apertosi immediatamente dopo la comparsa dei primi volumi
della serie A/I, in particolare WOLFGANG SCHMIEDER, Bemerkungen
zum «neuen Eitner», «Die Musikforschung»,
26 (1973), pp. 81-89, cui risponde KARL-HEINZ SCHLAGER, RISM,
Serie A/I: Wunsch und Wirklichkeit, «Die
Musikforschung», 26 (1973), pp. 89-91, al quale a sua volta
ribatte WOLFGANG SCHMIEDER, Erwiderung, «Die
Musikforschung», 26 (1973), pp. 91-92. Per limitarsi
all’area italiana sembra opportuno citare gli interventi di
CLAUDIO SARTORI, «Nuova Rivista Musicale Italiana», 8
(1974), pp. 634-637 e 10 (1976), pp. 285-286, e il ponderoso
contributo di OSCAR MISCHIATI, Bibliografia e musicologia,
«Note d’archivio per la storia musicale», N.S. 3
(1985), pp. 171-192.
[10] Bisogna
però rilevare come la curatrice si discosti dal RISM
nell’ordinamento alfabetico di intestazioni con lettere
provviste di segni diacritici: nel RISM abbiamo Schütz e
successivamente Schultheiss (quindi secondo l’uso in auge in
Germania fino a pochi decenni or sono di intendere i segni
diacritici come implicitamente sciolti: Schütz da leggersi e
quindi da ordinare come Schuetz), mentre nel catalogo della Patalas
prima Schultheiss e poi Schütz (e quindi secondo la tendenza
corrente di intendere le lettere con segni diacritici alla stregua
delle medesime lettere sprovviste di tali segni (ossia Schütz
come Schutz).
[11] Vi sono casi in
cui la scelta dell’intestazione non è accettabile (si
vedano ad esempio la scheda 357 intestata a Cesare Romano Giulio
II, in luogo di Alessandro Romano, e la scheda 1230 intestata a
L’Hoste Spirito da Reggio, in luogo di Hoste da Reggio oppure
di Torresano, Bartolomeo), altri in cui la grafia andrebbe
ricondotta a forme più corrette (ad esempio la scheda 200
intestata a Bernardi Steffano, in luogo di Stefano; la scheda 205 a
Berti Caroli, in luogo di Carlo, - il frontespizio riporta in
latino il nome dell’autore al genitivo; la scheda 304
intestata a Canale Floriano, in luogo di Canali; la scheda 409
intestata a Colombani Orazio, in luogo di Colombano; e così
via), altri ancora in cui siamo palesemente di fronte a mere sviste
redazionali (schede 938-961, intestate a Hammerchmidt Andreas in
luogo di Hammerschmidt). Il problema qui discusso in relazione ai
compositori si deve estendere – per metodo e risultati
– anche ai nomi degli editori e stampatori e ai luoghi di
edizione: nel primo caso si oscilla, ad esempio, fra Sartorius e
Schneider, oppure fra Pruscivus e Prüß, fra Junte e
Giunta, nel secondo invece fra Straßburg, Strasbourg e
Argentina, oppure fra Moguntia e Mainz.
[12] A titolo
d’esempio, la ricca produzione di Valentin Haussmann include
– a giudicare dalla trascrizione dei frontespizi –
più riedizioni delle medesime opere: le schede 1009, 1011,
1012, 1021, 1024 si riferiscono a differenti riprese dei Neue
artige und liebliche Täntze ... (anni 1598, 1599, 1600,
1604, 1606 rispettivamente), mentre le schede 1010, 1013, 1023,
1025 si riferiscono a varie impressioni o riedizioni delle Neue
liebliche Melodien unter neue Teutsche Weltliche Texte ...
(anni 1598, 1600, 1604, 1606 rispettivamente). Le schede
descrittive, così disposte in ordine cronologico di stampa,
non consentono quindi un’immediata percezione della reale
consistenza della produzione di un compositore e neppure della
fortuna di una o dell’altra delle sue opere.
[13] È il caso
delle schede 2461, 2468, 2503, 2510, 2550, 2568.
[14] Tanto zelo si
spinge, come s’è detto più sopra, a riprodurre il
frontespizio in forma diplomatica, con il rispetto di maiuscole e
minuscole, tondi e corsivi, suddivisioni delle parole e indicazione
di fine riga. Bisogna però rilevare che sarebbe forse stato
preferibile adottare una trascrizione in forma più lineare (ma
pur sempre integrale!), sfruttando il tempo risparmiato per curare
una maggiore precisione nel testo trascritto, onde evitare i non
infrequenti errori di lettura o di scioglimento delle
abbreviazioni: una descrizione semplificata non avrebbe inficiato
la funzione di identificazione precisa dell’esemplare
descritto e sarebbe tornata a tutto vantaggio
dell’intelligibilità del frontespizio.
[15] Oltre ad una
maggiore definizione degli effettivi unica, la consultazione
degli Addenda del RISM A/I avrebbe consentito, fra
l’altro, il perfezionamento della catalogazione di alcuni
esemplari presenti a Cracovia, ma in qualche modo difettosi (è
il caso, per esempio, della scheda 549, priva del tutto di note
tipografiche perché l’edizione è mutila del
frontespizio).
[16] Il RISM non ha
mai pubblicato volumi di aggiornamento e integrazione delle serie
B/I e B/II, e anche i volumi 11-14 della serie A/I – che pure
dovrebbero sancire la conclusione dell’attività di
repertoriazione, con la speranza che siano effettivamente seguiti
dal volume 10 con indici di editori e stampatori – non sono
esenti da errori e ulteriori lacune.
[17] Sono stati
considerati due lavori di OSCAR MISCHIATI, Bibliografia delle
opere dei musicisti bresciani pubblicate a stampa dal 1497 al 1740.
Opere di singoli autori, Firenze, Olschki, 1992 (Biblioteca di
bibliografia italiana, 126) e Bibliografia delle opere
pubblicate a stampa dai musicisti veronesi nei secoli XVI-XVII.
Roma, Torre d’Orfeo, 1993 (Biblioteca musicologica, 2),
l’articolo di FRANCO BRUNI, Edizioni rare e unica del
Seicento nella Cattedrale di Malta, «Nuova rivista
musicale italiana», 29/3 (lug.-set. 1995), pp. 505-527 e la
base dati Edit16, che censisce le cinquecentine stampate in Italia
o quelle stampate all’estero in italiano, consultabile
all’indirizzo http://edit16.iccu.sbn.it/.
[18] Si vedano, ad
esempio, la scheda 626 (ANDREA FELICIANI, Il primo libro de
madrigali a sei voci …, Venezia, Giacomo Vincenti &
Ricciardo Amadino, 1586 [esemplari a Siena, Biblioteca comunale
degli Intronati e Archivio del Duomo]), la scheda 645 (COSTANZO
FESTA, Il primo libro de madrigali a tre voci, nuovamente
ristampati e corretti per Claudio Merulo da Correggio, Venezia,
Claudio Merulo, 1568 [esemplari a Bressanone]), la scheda 891
(BONIFACIO GRAZIANI, Il secondo libro de’ motetti a voce
sola …, Roma, Giacomo Fei, 1662 [esemplare a Malta]) e la
scheda 1077 (PAOLO ISNARDI, Missa cum motetto octo vocibus pro
concertis disiunctis …, Venezia, erede di Girolamo
Scotto, 1594 [esemplare a Perugia, Biblioteca comunale
Augusta]).
[19] Riporto qui di
seguito le divergenze fra le annotazioni di Mann e le indicazioni
del catalogo Patalas, oltre ad alcune ulteriori osservazioni.
-
Scheda 108 (JACOBUS ARCHADELT, Il primo libro
de’ madrigali a quattro voci, Venezia, 1608): per Mann
è edito da Giacomo Vincenti e sono unica le parti di A,
T e B, mentre per Patalas l’editore è Ricciardo Amadino
e unica sono le parti di C, A e B.
-
Scheda 633 (GIOVANNI FERRETTI, Il terzo libro
delle napolitane a cinque voci, Venezia, Girolamo Scotto,
1570): Patalas non si accorge che la parte di T è
unicum, Mann ritiene che anche il B sia un
unicum (l’esemplare del Civico Museo Bibliografico
Musicale di Bologna ha la parte del B ed è privo di quella del
T).
-
Scheda 645 (COSTANZO FESTA, Il primo libro de
madrigali a tre voci ..., Venezia, Claudio Merulo, 1568): Mann
non lo menziona nel suo articolo (lo dimentica, o forse era
già al corrente degli esemplari di Bressanone attestati in
Edit16?).
-
Scheda 1318 (BIAGIO MARINI, Madrigali et
symfonie a una 2. 3. 4. 5. di Biagio Marini ..., Venezia,
Bartolomeo Magni, 1618): gli addenda del RISM segnalano un
esemplare a US-Bem (MM658): se l’esemplare è completo,
non si tratta più di un unicum.
-
Scheda 1416 (PHILIPP DE MONTE, Il decimottavo
libro delli madrigali a cinque voci, Venezia, Angelo Gardano,
1597): gli addenda del RISM segnalano un esemplare che ha la sola
parte di S (MM3388a).
-
Scheda 1897 (GIROLAMO SCOTTO, Il secondo libro
delle muse, a tre voci..., Venezia, Girolamo Scotto, 1562):
Patalas segnala solo la parte di C e non indica che è un
unicum; Mann oltre alla parte di C indica quella di T
(unicum) e di B.
-
Scheda 1898 (GIROLAMO SCOTTO, Il terzo libro
delli madrigali a due voci..., Venezia, Girolamo Scotto, 1562):
Patalas segnala solo la parte di C, Mann anche quella di T (ma
dando una segnatura che in realtà rimanda ad un’altra
edizione di Scotto).
-
Scheda 1989 (SCIPIONE STELLA, Libro primo de
madrigali a cinque voci, Napoli, Giovanni Battista Sottile,
1605): Mann non lo menziona nel suo articolo.
[20] Oltre al
contributo di Mann si è fatto ricorso, nei limiti di questa
recensione, ad uno dei già menzionati lavori di OSCAR
MISCHIATI (Bibliografia delle opere pubblicate a stampa dai
musicisti veronesi nei secoli XVI-XVII), e alla pubblicazione
di MARCELLO EYNARD – RODOBALDO TIBALDI, Per una
bibliografia delle opere a stampa dei musicisti nati o attivi a
Bergamo nei secoli XVI–XVIII, Bergamo, Secomandi, 1996
[numero unico di «Bergomum. Bollettino della Civica Biblioteca
Angelo Mai di Bergamo», 91 (1996), n. 3].
[21] Johann Georg
Ahle, Heinrich Albert (5 edizioni), Bonaventura Albrecht, Michael
Altenburg, Bonus Joachim, Adrianus Petit Coclico, Valentin
Cremcovius, Johann Dilliger (4 ed.), Benedict Faber (4 ed.),
Melchior Franck (6 ed.), Peter Franck (2 ed.), Georg Geisler,
Joachim Goltz, Johannes Heronymus Grave, Heinrich Grimm, Johann
Hess, Nicholas Levavasseur, Paul Luckemann [Luetkeman?], Thomas
Mancinus, Johann Valentin Meder, Severo Quernteno, Georg
Quitschreiber, Julius Ernst Rautenstein (2 ed.), Johann Martin
Rubert, Johann Hermann Schein, Salomon Schmied, Johann Sommer,
Johann Staden, Scipione Stella, Johann Stobaeus (4 ed.), Balthasar
Tobias Türchner, Johann Friedrich Zuber e quattro
antologie.
[22] Nei lavori
menzionati nelle precedenti note sono già segnalate
pubblicazioni di Giovanni Matteo Asola, Valerio Bona, Giovanni
Battista Camarella, Giovanni Cavaccio, Tomaso Cecchino, Giulio
Cesare Romano II (ossia Alessandro Romano), Costanzo Festa, Marco
Ghirlandi, Jean de Macque, Rinaldo del Mel, Claudio Merulo, Philipp
de Monte, Pompeo Natali, Desiderio Pecci, Giovanni Priuli, Lucrezio
Quinzani, Paolo Ragazzo, Livio Rezzano, Giovanni Felice Sances,
Antonio Savetta, Girolamo Scotto, Annibale Stabile.
[23] Alessandro
Aglione, Wolfgang Christoph Agricola, Gregor Aichinger (2
edizioni), Guiglielmo Arnone, Jakob Banwart, Costantino Baselli (2
ed.), Giovanni Battista Bassani, Eusebius Bohemus, Angelo Bolis,
Ottaviano Borono, Lucio Bosso, Marcu Dietrich Brandisius, Giovanni
Antonio Cangiasi, Marsilio Casentini, Dario Castello, Carlo
Ciminelli, David Civita, Andreas Crappius (2 ed.), Constantin
Christian Dedekind (2 ed.), Henning Dedekind, Adam Drese, Gallus
Dressler (2 ed.), Johannes Eccard, Thomas Elsbeth (5 ed.), Benedikt
Faber (2 ed.), Johann Fabricius [I], Andreas Finolt, Michael
Franck, Leandro Gallerano, Wolfgang Gastenhover, Marc’Antonio
Gemma, Eleazar Genet (Carpentras), Martin Gramelovius, Johannes
Hieronymus Grave, Heinrich Grimm (3 ed.), Ekias Groskurdt, Arnold
Grothusius (2 ed.), GuglielmoVeneziano, Marcus Hamel, Peter
Heinsius, Michael Hoffmann [I], Zacharias Hofmann, Josquin ab
Holtzen, Anton Holzner, Paul Homberger, Tobias Krumbhorn, Gregor
Langius, Daniel Langkhner, Volckmar Leisring, Guglielmo Lipparino,
Johann Jacob Loewe (2 ed.), Johannes Lyttich, Thomas Mancinus,
Oggerio Manelgen, Albericus Mazak, Matthias Mercker (2 ed.),
Bernhard Meyer, Samuel Michael, Giacomo Moro, Leonardius Nervius,
Anthon van Noordt, Paolo Aretino, Johann Christoph Pez, Johann
Pezel, Freidrich Pittannus, Ortensio Polidori, Bruno Quinos,
Francesco Ramella, Benedetto Re, Gottfried Reiche, Ambrosious
Reiner, Johann Remsched, Jacobus Reuffius, Matthäus Reymann,
Richard Valentin, Christoph Riemer, Johann Robach (2 ed.), Donato
Rubini (2 ed.), Ippolito Sabino, Franz Sale, Henri Schaffen (2
ed.), Thomas Schattenberg, Paul Melissus Schede, Giulio Schiavetto,
Christoph Schimpf, Albert Schop, Jakob Seel, Thomas Selle (5 ed.),
Johann Baptista Serranus (2 ed.), Ambrosius Sidel, Michael Siegel
(2 ed.), Kaspar Speiser, Annibale Stabile, Johann Staden (2 ed.),
Siegmund Gottlieb Staden, Johann Stadlmeyr, Johann Stobaeus (5
ed.), Melchior Straus (3 ed.), Wolfgang Striccius, Nicolaus Adam
Strunck, Felicianus Suevus, Jacobus Syringus, Melchior Teschner,
David Thusius, Caspar Trost, Andreas Ungar, Francesco Spongia
Usper, Giovanni Valentini [I], Giovanni Bonaventura Viviani,
Melchior Vulpius, Christoph Thomas Walliser, Georg Weber [II],
Georg Caspar Wecker ed infine sei antologie.
[24] Si tratta di
edizioni di opere di Antonio Maria Abbatini, Agostino Agazzari,
Gregor Aichinger, Giovanni Francesco Alcarotti, Anello Antignano,
Giovanni Francesco Anerio, Jacobus Archadelt (3), Arnoldus
Flandrus, Giovanni Matteo Asola (3), Ippolito Baccusi, Giovanni
Bassano, Andreas Berger, Carlo Bertoli, Gioseffo Biffi (2), Georg
Bleyer (2), Antoine Boesset (2), Valerio Bona, Guillaume Boni,
Domenico Borgo, Wolfgang Carl Briegel (2), Serafino Cantone, Jean
de Castro, Giovanni Cavaccio, Tomaso Cecchino, Johann Celscher,
Johann Christenius, Johannes Chustrovius, Annibale Coma, Girolamo
Conversi, Andreas Crappius, Giovanni Croce, Giovanni Del Turco,
Christian Demelius, Johann Dilliger, Giovanni Battista Dulcino,
Christian Erbach, Benedikt Faber (3), Andrea Falconieri, Stefano
Felis, Giovanni Ferretti, Andreas Finolt, Melchior Franck (9),
Daniel Friderici, Giovanni Battista Gabella, Marco da Gagliano,
Giovanni Giacomo Gastoldi (3), Bartholomäus Gesius, Wolfgang
Getzmann, Johann Glück, Claude Goudimel, Guglielmo Veneziano,
Adam Gumpelzheimer, Georg Hasz, Valentin Haussmann (4), Johann
Andreas Herbst, Ludwig Hörnigk, Johann Hofmann, Johann Caspar
Horn, Paolo Isnardi, Michael Kraf (2), Giandomenico La Martoretta,
Leone Leoni (2), Johannes Lindemann, Nicolas Maiscocque, Fra
Michele Malerba, Giovanni Piero Manenti, Giovanni Antonio Mangoni,
Berardo Marchesi da Viadana, Tiburzio Massaino, Giovanni Battista
Massari, Georg Mengel, Tarquinio Merula (2), Samuel Michael,
Philipp de Monte, Giovanni Maria Negri, David Oberndörffer,
Sante Orlandi, Valerius Otto, Giovanni Pierluigi da Palestrina,
Didacus Philataerus, Leopold von Plawenn, Michael Praetorius (2),
Caspar Prentz, Johann Pulsitiva (Weinlein), Cipriano de Rore (2),
Johann Martin Rubert, Ippolito Sabino, Christoph Satzl, Erasmus de
Sayve, Lambert de Sayve, Paul Schaeffer, Georg Schmezer, Christoph
Schultz, Theodor Schwartzkopff, Girolamo Scotto, Daniel Selich,
Agostino Soderini, Johann Staden (4), Johann Stobaeus (2), Valentin
Strobel, Tilman Susato, Melchior Teschner, Michael Teutschen-Holdt,
Matthias Thalman, Francesco Spongia Usper, Jacobus Vaet,
GiovanniValentini [I], Lodovico da Viadana, Johann Vierdanck (2),
Samuel Völckel, Erasmus Widmann, Adrian Willaert, Nikolaus
Zangius e 12 antologie.
[25] Si segnalano in
particolare le schede 2223 (Rituale, descritto, ma non localizzato
dal Relics), 2228 e 2230 (due Rituali, descritti dal Relics, ma in
altre edizioni), 2247 (un raro Graduale), 2265 (una Passione), 2270
e 2271 (due Salteri-Innari).
[26] Nel sito Web
dedicato al RISM, ed in particolare alla pagina che ne elenca le
pubblicazioni (http://www.rism.harvard.edu/rism/publications.html),
viene segnalata la ripubblicazione della serie B/I, in corso di
preparazione. La notizia era già stata segnalata anche da
Brian Mann nel suo articolo. In entrambi i casi, però,
l’iniziativa è legata al nome di Howard Mayer Brown,
scomparso ormai da otto anni: non sembra quindi che la riedizione
del RISM B/I stia progredendo in questo senso. Viceversa le case
editrici Henle e Bärenreiter,di concerto con la sede centrale
del RISM di Francoforte, stanno studiando la fattibilità di
una versione informatica delle serie A/I, B/I e B/II (comunicazione
personale del Dott. Seiffert della Henle-Verlag).
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