Recensione a cura di Andrea
Massimo Grassi
JOHANNES BRAHMS, Symphonie Nr. 1,
C-moll, Opus 68, hrsg. von Robert Pascall, München, G. Henle
Verlag, 1996 (Neue Ausgabe sämtliche Werke, Ser. I:
Orchesterwerke, Bd. 3)
La pubblicazione del primo volume della Neue
Ausgabe sämtliche Werke di Johannes Brahms, dedicato alla
Sinfonia n. 1 in Do minore op. 68,[1] riveste notevole
importanza sia per avere sanato le carenze testuali presenti
nell’edizione apparsa nei Sämtliche Werke editi
da Breitkopf & Härtel nel 1926–27, sia per avere
suscitato e alimentato una proficua speculazione musicologica,
tutt’ora viva, sulla natura e sulla funzione
dell’edizione critica delle opere di Brahms, e più
ampiamente sulla specificità della critica testuale e sul suo
rapporto con la ricezione e con la prassi esecutiva.
Il pur pregevole e stimabile lavoro compiuto dai
curatori degli Opera omnia pubblicati tra il 1926 e il 1927
viene ora visto — a decenni di distanza temporale e alla luce
di notevoli raggiungimenti metodologici — bisognevole di
radicale revisione. Sin dagli anni Settanta, con la basilare
disamina dovuta a Donald McCorkle[2] sui problemi che
ostacolano la ricerca musicologica brahmsiana, e con il contributo
del 1984 di Margit McCorkle,[3] punto di
riferimento obbligato per ogni indagine sui testimoni, e infine, ma
non solo, con l’apporto di studiosi quali Robert Pascall e
George Bozarth, era apparsa cogente la necessità di sottoporre
i testi brahmsiani a un nuovo scrutinio critico. I motivi della
parziale affidabilità dei Sämtliche Werke del
1926-27 sono noti: limitata e comunque insufficiente
recensio dei testimoni; distinzione operata tra elementi di
carattere essenziale ed elementi di carattere accidentale;
precipitazione, nel lavoro di edizione, dettata dalla fretta di
comparire sul mercato in corrispondenza della scadenza dei diritti
d’autore; assunzione del testimone seriore come testo base
per l’edizione, con particolare interesse per la lezione data
dall’Originalausgabe; assenza di un apparato critico
propriamente detto.
La nuova edizione della Prima Sinfonia si è
proposta come compito primario e come precipuo interesse la
ricostruzione della relazione — a dire il vero piuttosto
complessa, tanto che ognuno dei singoli movimenti ha richiesto una
recensio autonoma — che lega i testimoni manoscritti
(autografi di schizzi, di versioni preliminari e di versioni
finali, apografi impiegati come modelli per l’incisione) ai
testimoni a stampa (prima edizione). Ricostruire questa relazione
ha comportato un lavoro significativo sulle testimonianze
documentarie: è stata corretta la datazione di quattordici
lettere, rivista la trascrizione di una di esse e rivelata
l’importanza di tre documenti non pubblicati.
L’intendimento del curatore e dei responsabili
dell’iniziativa[4] di consegnare una edizione storico-critica
è rispecchiato nell’apparato critico e nelle appendici:
in queste ultime compaiono la trascrizione di schizzi per il II e
per il III movimento, la versione per una prima esecuzione del II
movimento e infine la lezione originaria della sua Coda. La
preparazione del testo musicale ha presupposto un acuto e arduo
lavoro di posizionamento delle forcelle, dei segni dinamici e delle
legature; la nuova edizione della Prima Sinfonia — oltre ad
avere sanato alcune corruzioni che riguardano l’altezza delle
note — si è premurata di garantire dunque il corretto
collocamento dell’inizio, dell’apice e della fine delle
forcelle di crescendo e di diminuendo,[5] nonché la
precisa attribuzione alle voci dei segni di espressione e
l’esatta estensione delle legature.
All’indomani della nuova pubblicazione della
Prima Sinfonia, tra il novero di autorevoli recensioni, appariva
sulla rivista «Notes» un commento a firma di Raymond
Knapp,[6] che toccando e suscitando temi di
particolare interesse, forniva l’opportunità di
affrontare ancora una volta, vexata quæstio,
considerazioni di carattere generale riguardo alla natura del
lavoro di filologia testuale sulle opere di Brahms. Nella
recensione, tra l’altro, si affermava che, ad esclusione dei
pochi casi di correzione dell’altezza delle note, le
principali emende apportate nella nuova edizione — come il
corretto posizionamento delle forcelle di crescendo e diminuendo
— rientravano più propriamente nella categoria della
sfumature esecutive, e che dunque non avrebbero giustificato
un’impresa così onerosa e dispendiosa come quella di
pubblicare nuovi Opera omnia brahmsiani. La questione,
toccando un punto nodale, merita alcune considerazioni.
Sebbene sia lecito stabilire che la scelta
dell’esecutore di anticipare o ritardare l’esecuzione
di un crescendo sia da ascrivere all’ambito delle
nuances dell’interpretazione, è però
illecito concludere che la soggettività e
l’indeterminatezza delle scelte esecutive ricadano sul testo,
inficiandone l’oggettività e la determinatezza. Il
problema risiede nella confusione tra il piano testuale e il piano
esecutivo-interpretativo, nonché nella disconoscenza della
loro natura ontologicamente diversa, dato che la natura del piano
testuale richiede una prospettiva stabile e oggettiva, che fissi,
per quanto possibile, l’intenzione finale e definitiva
dell’autore, quando invece la natura del piano
esecutivo-interpretativo richiede più propriamente una
prospettiva di soggettività, ed è legata
all’elemento transeunte della singola esecuzione. Lo
scostamento dal testo da parte dell’interprete si auspica
debba essere sempre consapevole: la licenza dell’interprete
è infatti tale soltanto se c’è la conscia
volontà di scostarsi dal testo originale. Le licenze
dell’interprete non giustificano dunque medesime licenze da
parte del filologo: piuttosto, le licenze esecutive
presuppongono la correttezza testuale da parte del
filologo.
L’interesse e il ruolo attribuiti da Brahms
alle esecuzioni di prova che abitualmente precedevano la
pubblicazione delle sue opere non può essere
frainteso:[7] revisioni e correzioni effettuate in base
alle prime esecuzioni erano compiute nella prospettiva di pervenire
a un testo quanto più stabile e definitivo possibile. Non
è escluso che questa medesima prospettiva si sia rispecchiata,
tra l’altro, nella sistematica distruzione degli schizzi e
degli abbozzi delle proprie opere.
L’impropria commistione tra il piano testuale e
il piano esecutivo è a volte dovuta, se non al retaggio
decostruzionista più o meno inconsapevole,
all’assunzione a norma della distinzione tra elementi
sostanziali (valore e altezza delle note) ed elementi accidentali
(indicazioni di tempo, dinamica e fraseggio), a detrimento di
questi ultimi. Alcuni fattori portano piuttosto a ritenere che, per
quanto riguarda Brahms, la distinzione sia inaccettabile. In
primis è illuminante un esame dei manoscritti: la
meticolosa cura di Brahms riservata nei suoi autografi
all’apposizione dei segni di dinamica, espressione e
fraseggio — frequentemente oggetto di revisione —
rispecchia una ponderata scelta nonché un preciso pensiero
musicale. È da considerare, ad esempio, il modo tipicamente
brahmsiano di ottenere la varietà ritmica e metrica —
elemento di modernità della sua scrittura, indicato con acume
da Arnold Schönberg — attraverso lo spostamento sui
tempi deboli delle legature di frase e di portamento:[8] da
questo usus scribendi si può arguire che la legatura
diviene un mezzo per intervenire sulla struttura metrica e ritmica
e che dunque inerisce al sostanziale piuttosto che
all’accidentale. Analogamente, un segno di espressione (come
l’indicazione dolce) viene, non di rado, apposto da
Brahms con la funzione di discriminare la voce principale da quella
secondaria, con un procedimento che precorre l’uso adottato
dalla seconda Scuola di Vienna di indicare con un simbolo
convenzionale la Hauptstimme e la Nebenstimme.
In conclusione, considerare la nuova edizione della
Prima Sinfonia come testo destinato prevalentemente
all’esecuzione oppure alla stregua di una edizione
pratico-didattica equivale a riconoscere alla Neue
Gesamtausgabe un ruolo quanto mai limitato, nonché a
distorcere la natura e la funzione di una pubblicazione che si
è proposta di trasmettere il testo dell’opera brahmsiana
in una prospettiva stabile. Invero, il lavoro compiuto sulla Prima
Sinfonia — il cui presupposto è una conoscenza globale
confluita poi nell’edizione critica — presenta un
contenuto testuale e un corredo di apparati critici e di appendici
che ricoprono una funzione tanto vasta quanto è il beneficio
che può produrre, oltre che all’interprete, agli studi
in ambito storico-critico e analitico, agli studi sulla genesi e
sul processo compositivo, allo studio della ricezione
dell’opera.
ANDREA MASSIMO GRASSI
|
________________________
[1] È recentemente
apparsa, curata da Carmen Debryn e Michael Struck, l’edizione
del Quintetto per pianoforte e archi op. 34. Il piano
editoriale prevede ora la pubblicazione del Concerto per
violino, violoncello e orchestra op. 102.
[2] DONALD M. MCCORKLE,
Five Fundamental Obstacles in Brahms Source Research,
«Acta Musicologica», XLVIII/1, 1976, pp.
253–72.
[3] MARGIT L.MCCORKLE,
Johannes Brahms Thematisch-Bibliographisches
Werkverzeichnis, München, Henle, 1984.
[4] Cfr. ROBERT PASCALL,
Zur Edition von Brahms’ 1. Symphonie. Methoden, Probleme
und Lösungen, in Johannes Brahms. Quellen – Text
– Rezeption – Interpretation. Internationaler
Brahms-Kongreß Hamburg 1997, Verbindung mit Costantin
Floros und Peter Petersen, , hrsg. von Friedhelm Krummacher
und Michael Struck in München, Henle, 1999, pp. 231–46;
MICHAEL STRUCK, Bedingungen, Anfangen und Probleme einer neuen
Gesamtausgabe der Werke von Johannes Brahms,
Ibid., pp. 213–30.
[5] Il problema è
stato trattato esaurientemente da WOLF-DIETER SEIFFERT,
Crescendo- und Decrescendo-Gabeln als Editionsproblem der Neuen
Brahms Gesamtausgabe, in Johannes Brahms. Quellen –
Text – Rezeption, cit., pp. 247–65.
[6] «Notes»,
LIV, 1997/2, pp. 554–7. L’autore si è occupato in
passato dell’opera sinfonica di Brahms: RAYMOND KNAPP,
Brahms and the Problem of the Symphony: Romantic Image, Generic
Conception, and Compositional Challenge, PhD diss., Duke
University, 1987; ID. The Finale of Brahms’s Fourth
Symphony: The Tale of the Subject, «19th
Century Music», XIII/1 1989, pp. 7–13.
[7] Cfr. MARGIT
L.MCCORKLE, The Role of Trial Performances for Brahms’s
Orchestral and Large Choral Works: Sources and Circumstances,
in Brahms Studies: Analytical and Historical Perspectives,
ed. by George S. Bozarth, Oxford, Clarendon, 1990, pp.
295–330.
[8] Cfr. WALTER FRISCH,
The Shifting Bar Line: Metrical Displacement in Brahms, in
Brahms Studies: Analytical and Historical Perspectives,
cit., pp. 139–64.
|
|
|