I patrimoni destinati ad uno specifico affare
Abstract
L’istituto dei patrimoni destinati a uno specifico affare rappresenta una delle più significative quanto dibattute novità introdotte dal D. Lgs. n. 6 del 17 gennaio 20031.Come è noto, con la costituzione di un patrimonio destinato le società a base azionaria, da un lato, destinano una parte del patrimonio sociale a specifiche attività previste nell’oggetto sociale, sottraendo la stessa alle pretese dei creditori della società, dall’altro lato, reperiscono capitale (non di origine bancaria) per la realizzazione di uno specifico affare, ponendo a garanzia della sua restituzione i proventi generati dalla gestione dell’affare stesso.Il nuovo istituto riflette l’esigenza oramai evidente di costruire l’impianto normativo sulla scorta delle esperienze e delle influenze di paesi “dominanti”, primi fra tutti quelli nordamericani. D’altra parte, la riforma è interamente ispirata dal tentativo di fondo di introdurre nel nostro sistema normativo vantaggi competitivi e comparativi, specie in relazione al finanziamento delle imprese, in un quadro di concorrenza tra ordinamenti.L’istituto dei patrimoni destinati può assumere una duplice veste, quella, cioè, del “modello operativo” (definito anche “modello industriale”) e quella del “modello finanziario”.L’impiego del modello operativo si pone come l’alternativa alla costituzione di un’apposita società controllata avente come fine il perseguimento di uno specifico obiettivo e, quindi, responsabile per le obbligazioni assunte solo ed esclusivamente nei limiti del patrimonio in essa conferito. Invero, se il legislatore avesse concepito l’istituto in modo tale da attribuire rilevanza esterna ai patrimoni e creare delle autonome entità giuridiche, probabilmente avrebbe parlato di “capitale separato” e non di “patrimonio dedicato”; inoltre, avrebbe creato una sorta di gruppo endosocietario formato da più sub-società all’interno della società destinante.Il presente scritto è la sintesi di una monografia dal titolo “I patrimoni destinati ad uno specifico affare”, Cacucci, Bari, 2005, nella quale si è inteso analizzare i diversi aspetti che caratterizzano l’istituto in questione, anche alla luce dell’emanazione della bozza del Doc. n. 2 dell’O.I.C. Ciò partendo dalle implicazioni di natura giuridica, per poi approfondire quelle di natura economico-contabile e fiscale.Ciò detto, non si è certo preteso di fornire una soluzione univoca ai numerosi dubbi ed alle differenti interpretazioni alle quali si presta la lettura della norma civilistica, ma si è tentato di porre in luce le diverse problematiche che si presume possano sorgere a seguito dell’adozione del nuovo istituto.Infine, è utile ricordare che nel mentre il lavoro era in corso di stampa, il Comitato Esecutivo dell’Organismo Italiano di Contabilità, in data 13/07/2005, approvava il testo definitivo dell’OIC n. 2, contenente in appendice anche le modifiche apportate ai Doc. n. 12 e n. 22 del Principi contabili Nazionali relativi rispettivamente agli schemi di bilancio ed ai conti d’ordine. Dalla lettura del documento definitivo ricaviamo come non vi siano significative modifiche rispetto alla bozza da noi precedentemente esaminata, tant’è che permangono i nostri dubbi su taluni aspetti, soprattutto con riferimento ai metodi di contabilizzazione degli apporti dei terzi.Nel presente scritto si è inteso dare risalto principalmente agli aspetti giuridici e contabili.
Full Text:
PDFDOI: http://dx.doi.org/10.13132/2038-5498/2005.4.121-162
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