La diagnosi di allergia all’uovo in età pediatrica: test in vivo e in vitro
Abstract
Il gold standard per la diagnosi di allergia alimentare è il test di provocazione orale (TPO). Si tratta di un test risolutivo, che, qualora negativo, consente di reintrodurre l’alimento nella dieta. Tuttavia, è rischioso per il bambino (vi è una certa probabilità di anafilassi), è costoso e talvolta è di difficile esecuzione e interpretazione. Per tali ragioni, gli studi si sono concentrati sulla ricerca di mezzi diagnostici alternativi. Grandi progressi sono stati compiuti nella component-resolved diagnosis, che mira a studiare la reattività verso singole molecole costituenti l’alimento, attraverso test in vitro, rapidi e sicuri. I test diagnostici più promettenti sono il basophil activation test e il dosaggio delle IgE specifiche per allergeni nativi purificati o ricombinanti. Lo scopo del nostro studio è stato quello di mettere a confronto i risultati dei test in vitro attualmente in uso nella diagnosi di allergia all’uovo rispetto all’esito del test in vivo, ossia il TPO. Sono stati eseguiti 50 TPO all’uovo (prima crudo, poi cotto) su 48 bambini (età media di 5.2 anni al momento del TPO), sottoposti ai seguenti test diagnostici: prick by prick (PBP, con albume e tuorlo), dosaggio delle IgE sieriche specifiche (sIgE, utilizzando estratti allergenici a base di bianco d’uovo e tuorlo e allergeni nativi purificati, ossia ovomucoide, nGal d 1, ovoalbumina, nGal d 2, ovotransferrina, nGal d 3 e lisozima, nGal d 4) e basophil activation test (BAT, mettendo un campione di sangue a contatto con un allergene specifico, ossia albume e tuorlo e determinando la percentuale di basofili attivati in vitro, rilevando l’aumento di espressione del marker di attivazione CD63 sulla superficie cellulare, mediante citometria a flusso). Dei 50 TPO eseguiti, 10 (20%) sono stati considerati positivi. I PBP con albume si sono dimostrati estremamente sensibili (100%), ma poco specifici (42.5%); l’allergia alimentare avrebbe potuto essere esclusa nei bambini con PBP negativi (VPN 100%). Risultati analoghi sono stati ottenuti con le sIgE per bianco d’uovo (sensibilità 90%, specificità 52.5%). Considerando invece le sIgE specifiche per gli allergeni nativi purificati dell’uovo (compresi ovomucoide e ovoalbumina), la metodica si è dimostrata altrettanto sensibile (100%), ma più specifica (60.9%) rispetto ai PBP e alle sIgE. Il BAT si è rivelato un ottimo test per la diagnosi in vitro di allergia, con discreta sensibilità (70%), ma ottima specificità (90%), maggiore rispetto alle metodiche convenzionali;
un BAT negativo, quindi, indica un’elevata probabilità di tollerare l’uovo, mentre un test positivo potrebbe indurre il clinico a posticipare il TPO. Le dimensioni del pomfo dopo PBP, i livelli di sIgE per albume, tuorlo, ovomucoide e ovoalbumina e la percentuale di basofili attivati nel BAT sono risultati significativamente più elevati nei pazienti con TPO positivo.
Full Text
PDFDOI: http://dx.doi.org/10.6092/2039-1404.125.1466
ISSN cartaceo: 0390-8283 - ISSN elettronico: 2039-1404 - Periodicità trimestrale - Pubblicato dal 1886 - Registrazione presso la Cancelleria del Tribunale di Pavia
Pavia University Press – Università degli Studi di Pavia - Facoltà di Medicina e Chirurgia - Policlinico "San Matteo"
Privacy e cookies